Microplastiche nel cervello: scoperte particelle pari a un terzo di una bottiglia, rischio crescente per la salute umana

"Questo rapporto è importante perché racchiude, per la prima volta, i risultati di tutte le ricerche pubblicate a livello internazionale"
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Le microplastiche sono ormai una presenza onnipresente nel corpo umano, trovate in ogni angolo del nostro organismo dove i ricercatori hanno deciso di cercarle. Organi vitali come il cervello, la placenta e il sistema cardiovascolare sono tra i più colpiti. Secondo una recente ricerca, nel cervello umano, la quantità di microplastiche e nanoplastiche riscontrata in un cervello adulto di peso medio corrisponde all’equivalente di un terzo di una bottiglia di plastica da 1,5 litri.

Questi dati emergono da uno studio condotto da un gruppo di esperti dell’Università degli Studi della Campania ‘Luigi Vanvitelli’, su commissione di Vera Studio. Tra i ricercatori coinvolti vi sono Raffaele Marfella, del dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche avanzate; Pasquale Iovino, del dipartimento di Scienze e tecnologie ambientali biologiche e farmaceutiche; e Francesco Prattichizzo, dell’Irccs MultiMedica di Milano. Lo studio, presentato al Planetary Health Festival di Verona, ha fornito una sintesi approfondita delle fonti di esposizione alle micro e nanoplastiche, descrivendo le diverse tipologie di particelle e il loro impatto patologico.

Questo rapporto è importante perché racchiude, per la prima volta, i risultati di tutte le ricerche pubblicate a livello internazionale“, ha dichiarato Marfella. “Nell’indagine emerge con chiarezza che le quantità di micro e nanoplastiche presenti in molti organi del corpo umano sono rilevanti, soprattutto nel cervello“. Questi inquinanti, che derivano principalmente da materiali di uso comune come contenitori per alimenti e bevande, tubature e tessuti sintetici, possono avere effetti gravi sulla salute.

Le microplastiche più frequentemente riscontrate nel cervello provengono da materiali che usiamo quotidianamente, come il nylon, il poliestere, e la plastica dei contenitori per alimenti e bevande. I ricercatori spiegano che queste particelle possono essere trovate nell’aria, nell’acqua potabile, nel cibo confezionato e persino nei prodotti per la cura della persona. Alcuni degli oggetti di uso comune che contribuiscono a questa esposizione sono le bustine di tè in nylon e i biberon per bambini, che rilasciano particelle dannose quando esposti al calore, ad esempio durante l’uso del microonde.

I risultati della ricerca sottolineano anche il collegamento tra queste particelle e malattie gravi. “In alcuni casi è stata dimostrata l’incidenza di queste sostanze nelle cardiopatie, nell’ictus e persino nell’Alzheimer“, aggiunge Marfella. “Come ricercatori continueremo a indagare, ma mi pare necessario che il tema plastica nei prossimi anni diventi centrale anche per il Ministero della Salute e non solo per quello dell’Ambiente.”

Il messaggio degli scienziati è chiaro: senza un intervento globale e tempestivo per ridurre la produzione di plastica e modificare le nostre abitudini di consumo, l’impatto sulla salute umana continuerà ad aumentare, aggravando ulteriormente una crisi già ben documentata non solo a livello ambientale, ma anche sanitario.

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