La “Ragazza con l’orecchino di perla“, capolavoro di Johannes Vermeer, continua a incantare generazioni di spettatori. Il suo fascino, descritto spesso come magnetico ed enigmatico, ha ispirato poeti, romanzieri e studiosi d’arte nel tentativo di decifrare il mistero della giovane donna raffigurata nel dipinto. Ora, un nuovo studio neuroscientifico offre una spiegazione scientifica, meno romantica ma altrettanto affascinante, di come il dipinto riesca a catturare l’attenzione visiva degli spettatori in un ciclo apparentemente senza fine.
L’attrazione del mistero
Per molti, la “Ragazza con l’orecchino di perla” è diventata un’icona culturale, emblema del mistero e dell’eleganza sottile. La scrittrice Tracy Chevalier, autrice del celebre romanzo La ragazza con l’orecchino di perla, ha approfondito il magnetismo dell’opera in una riflessione apparsa sul Times nel 2019. “Quanti anni ha?“, si chiedeva la Chevalier. “Perché la sua bocca è aperta, sta per parlare? Cosa dirà? I suoi vestiti sono così semplici, eppure l’orecchino è così grande e lussuoso. È suo?”
Le domande della Chevalier colgono perfettamente l’aura enigmatica che circonda la figura dipinta da Vermeer. Tuttavia, recenti studi scientifici suggeriscono che non sia solo il mistero della storia personale della ragazza a intrappolare l’osservatore, ma piuttosto una serie di fattori cognitivi legati alla percezione visiva.
Uno sguardo nella mente: come rispondiamo al dipinto
Un team di neuroscienziati, guidati da Martijn den Otter, ha deciso di esplorare come il cervello umano reagisce alla “Ragazza con l’orecchino di perla“. Attraverso scansioni cerebrali avanzate e tecnologie di tracciamento oculare, i ricercatori hanno osservato il comportamento visivo di un gruppo di partecipanti mentre fissavano il dipinto.
La scoperta principale dello studio riguarda il modo in cui il quadro attira lo sguardo in un “ciclo prolungato di attenzione visiva“. “Normalmente, quando guardi una persona, il tuo sguardo si alterna tra gli occhi e la bocca“, spiega den Otter. Tuttavia, la “Ragazza con l’orecchino di perla” rompe questo schema comune, trascinando lo sguardo dello spettatore lungo un percorso più complesso e ripetitivo.
Un ciclo visivo ipnotico
Il team di den Otter ha scoperto che il dipinto crea un vero e proprio circuito visivo che incanta l’osservatore. Lo sguardo comincia dagli occhi della ragazza, si sposta verso la bocca semiaperta, poi scende verso l’orecchino di perla, per poi tornare indietro. Questo schema circolare si ripete più volte, intrappolando l’osservatore in un loop visivo apparentemente ipnotico.
Secondo i ricercatori, questa dinamica è legata alla costruzione compositiva di Vermeer e alla disposizione dei dettagli del viso e del gioiello. “Gli occhi della ragazza catturano immediatamente l’attenzione grazie alla loro brillantezza e posizione centrale“, spiega den Otter. “Ma la bocca semiaperta suggerisce un’azione imminente – forse la ragazza sta per parlare – inducendo lo spettatore a continuare a guardare per cercare di cogliere indizi su cosa potrebbe dire“.
Allo stesso tempo, il contrasto tra la semplicità dei vestiti della ragazza e lo splendore dell’orecchino contribuisce a creare tensione visiva. L’occhio è inevitabilmente attirato verso il gioiello, completando così il ciclo visivo che incanta l’osservatore.
Il ruolo delle emozioni
Lo studio non si limita a indagare i movimenti oculari, ma esplora anche le risposte emotive indotte dal dipinto. Le scansioni cerebrali hanno rilevato un’attivazione significativa dell’area del cervello legata alle emozioni e alla valutazione estetica, la corteccia orbitofrontale. Questo suggerisce che la “Ragazza con l’orecchino di perla” non solo cattura l’attenzione visiva, ma evoca anche una profonda risposta emotiva, che potrebbe spiegare in parte il suo perdurante fascino.
“I quadri di Vermeer, e in particolare la Ragazza con l’orecchino di perla, sembrano essere costruiti in modo tale da stimolare una risposta emotiva immediata e intensa“, afferma den Otter. “Il cervello risponde a questi segnali visivi con un misto di curiosità, ammirazione e, in alcuni casi, anche inquietudine, il che contribuisce a rafforzare l’effetto ipnotico“.
L’arte della semplicità
Uno degli elementi più affascinanti della ricerca è la conferma di come la semplicità apparente del dipinto nasconda una complessità visiva e cognitiva straordinaria. A differenza di opere più elaborate, che possono distrarre l’osservatore con una moltitudine di dettagli, la “Ragazza con l’orecchino di perla” cattura l’attenzione con pochi elementi sapientemente orchestrati.
“La composizione del dipinto è incredibilmente pulita“, osserva den Otter. “Gli sfondi sfumati e la mancanza di oggetti di distrazione permettono allo spettatore di concentrarsi interamente sul volto della ragazza e sull’orecchino, rendendo il circuito visivo ancora più potente“.
Il futuro della ricerca
Questo studio pionieristico apre nuove prospettive sulla comprensione delle risposte umane all’arte visiva e suggerisce che ulteriori ricerche potrebbero rivelare meccanismi simili in altre opere iconiche. “Sappiamo da tempo che alcune opere d’arte hanno la capacità di colpire profondamente gli spettatori“, dice den Otter, “ma ora possiamo iniziare a capire meglio come e perché ciò accade dal punto di vista neuroscientifico“.
In futuro, gli scienziati sperano di applicare queste tecniche di scansione cerebrale e tracciamento oculare ad altri capolavori, per vedere se esistono schemi comuni nella percezione dell’arte. Queste ricerche potrebbero avere anche applicazioni pratiche, dalla progettazione di spazi espositivi a una maggiore comprensione dell’impatto visivo nella pubblicità.