“Se saliamo 100 metri di quota, la temperatura scende di 0,65°C. Il riscaldamento climatico ha portato sulle Alpi circa 3°C in più. Quindi la quota della neve si è alzata più o meno di 400 metri. L’effetto è che in basso piove più spesso, ma in alto nevica di più“: è quanto ha spiegato, in un’intervista a Repubblica, Renato R. Colucci, ricercatore dell’Istituto di Scienze Polari del CNR, docente di glaciologia all’università di Trieste. “L’atmosfera più calda contiene più vapore acqueo, quindi le precipitazioni sono più intense. L’anno scorso sulle Alpi il paesaggio è rimasto bruno in basso, ma in quota ha nevicato tanto. A Sella Nevea, a 1.200 metri sulle Alpi orientali, come indica il nome ci sono sempre stati grossi accumuli, ma l’inverno scorso il 90% delle precipitazioni sono state pioggia e la neve ha raggiunto al massimo 26 centimetri. Alcune località della Svizzera sopra ai 1500 metri, al contrario, hanno vissuto il secondo inverno più nevoso da quando ci sono le misurazioni“.
“Paradossalmente in montagna è una neve più sicura: quando subisce una parziale fusione si stabilizza, come se si incollasse. Da ragazzi la stagione dello sci alpinismo iniziava a marzo perché prima la neve era fredda e farinosa, quindi più pericolosa. Ora alla prima nevicata tutti si buttano sullo sci. Uno dei motivi è che le piste sono più affollate. Gli amministratori locali si ostinano a costruirle anche a bassa quota per aumentare l’offerta, ma sarà sempre più difficile mantenerle attive,” ha evidenziato l’esperto del CNR.