Alpinisti deceduti sul Gran Sasso: montagna killer o istituzioni negligenti?

Il caso solleva un tema delicato e complesso: la responsabilità delle istituzioni locali nel garantire la sicurezza di chi pratica attività ad alto rischio in ambienti montani
MeteoWeb

La tragedia che ha coinvolto i due alpinisti sul Gran Sasso potrebbe ora avere anche risvolti giudiziari. Marco Perazzini, fratello di Luca, una delle due vittime, ha espresso l’intenzione di presentare un esposto alla Procura di Teramo, ponendo interrogativi sulla gestione della sicurezza in montagna. “Mi chiedo perché non hanno impedito l’accesso a Luca e Cristian. Se le condizioni erano proibitive e c’erano rischi legati al maltempo, non dovevano farli salire“, ha dichiarato Perazzini, sottolineando le sue perplessità sulle eventuali omissioni delle autorità competenti.

Alpinisti deceduti sul Gran Sasso

Il caso solleva un tema delicato e complesso: la responsabilità delle istituzioni locali nel garantire la sicurezza di chi pratica attività ad alto rischio in ambienti montani.

In presenza di condizioni meteorologiche avverse previste sulle montagne, il controllo dell’accesso alle aree montane diventa un aspetto cruciale per garantire la sicurezza dei visitatori e la tutela del territorio. La responsabilità di adottare misure preventive, inclusa la proibizione dell’accesso ai turisti, spetta principalmente al sindaco del comune interessato. Attraverso specifiche ordinanze, i sindaci possono interdire temporaneamente l’accesso a sentieri o aree montane ritenute pericolose, soprattutto in caso di frane, smottamenti o condizioni meteorologiche avverse.

Strada Campo Imperatore
Strada di accesso a Campo Imperatore – Foto di Angelo Ruggieri

A livello locale, il comune gioca un ruolo determinante nella gestione e nella manutenzione dei sentieri, considerati beni pubblici. Tuttavia, in aree protette come i parchi nazionali, gli enti gestori possono intervenire con misure specifiche per limitare l’accesso. Un esempio emblematico è il Parco Nazionale del Circeo, che in alcune circostanze ha imposto l’obbligo di essere accompagnati da guide esperte per percorrere determinati sentieri, al fine di garantire un’esperienza sicura e controllata.

Un altro attore rilevante nel contesto montano è il Club Alpino Italiano (CAI), che, pur non avendo l’autorità di vietare l’accesso, fornisce un contributo fondamentale segnalando condizioni critiche dei sentieri e suggerendo precauzioni in attesa di interventi ufficiali. Anche la Protezione Civile ha un ruolo strategico: attraverso l’emissione di allerte meteo, può sensibilizzare enti locali e turisti sull’urgenza di adottare misure preventive, che talvolta portano alla chiusura di aree a rischio.

Nonostante l’importanza delle misure istituzionali, è essenziale che gli escursionisti assumano una responsabilità personale, informandosi sulle condizioni meteorologiche previste e rispettando divieti e avvisi ufficiali. In alcune regioni, come il Piemonte, sono previste disposizioni normative che trasferiscono i costi del soccorso alpino ai turisti che ignorano indicazioni o divieti, sottolineando la necessità di un approccio consapevole e rispettoso alla montagna.

La vicenda evidenzia anche il sottile equilibrio tra la libertà individuale di chi affronta la montagna e il dovere delle autorità di garantire la sicurezza pubblica. Mentre le montagne attraggono per la loro bellezza e il senso di sfida che offrono, le condizioni meteorologiche avverse e i rischi naturali possono trasformare l’avventura in tragedia, rendendo necessaria una riflessione su eventuali lacune nella gestione e nella prevenzione.

La sicurezza in montagna è dunque un impegno condiviso tra istituzioni locali, enti gestori, associazioni di riferimento e visitatori. Solo attraverso un’azione coordinata e responsabile è possibile preservare l’integrità del territorio e garantire un’esperienza sicura a tutti coloro che scelgono di esplorare questi splendidi ambienti naturali.

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