Facebook, oltre il 75% dei post condivisi non vengono letti: rischio disinformazione

In particolare, il 76,94% delle condivisioni "senza clic" proveniva da utenti con orientamenti conservatori, mentre il 14,25% da utenti liberali
MeteoWeb

Un recente studio condotto da un team di ricercatori della Penn State e pubblicato su Nature Human Behavior ha rivelato una tendenza preoccupante nel comportamento degli utenti di Facebook: oltre il 75% dei link condivisi sulla piattaforma tra il 2017 e il 2020 non è stato precedentemente cliccato. Questo dato, emerso dall’analisi di oltre 35 milioni di post pubblici, suggerisce che gli utenti spesso si limitano a leggere titoli e brevi descrizioni, evitando di approfondire il contenuto reale degli articoli.

La ricerca, realizzata grazie ai dati forniti da Meta tramite il consorzio Social Science One, ha esaminato il comportamento degli utenti in relazione alla condivisione di link e al loro orientamento politico. Utilizzando un sistema di intelligenza artificiale per classificare i contenuti condivisi su una scala di affinità politica, gli studiosi hanno scoperto che i link di natura politica, soprattutto quelli legati a posizioni estreme, erano condivisi senza essere letti con maggiore frequenza rispetto a contenuti politicamente neutri. In particolare, il 76,94% delle condivisioni “senza clic” proveniva da utenti con orientamenti conservatori, mentre il 14,25% da utenti liberali. Inoltre, una percentuale significativa delle informazioni false nel dataset – l’82% – era associata a domini di notizie conservatori.

Questo comportamento di condivisione superficiale solleva interrogativi sulla diffusione della disinformazione online. Secondo il professor S. Shyam Sundar, autore principale dello studio, l’ampiezza del fenomeno è sorprendente e allarmante. “Avevamo ipotizzato che la maggior parte delle persone leggesse e riflettesse sul contenuto prima di condividerlo. Scoprire che la pratica opposta è così diffusa è sconcertante“, ha dichiarato Sundar.

Le implicazioni di questi risultati sono significative. Il fatto che la maggioranza degli utenti condivida contenuti basandosi esclusivamente su titoli o anteprime rende le piattaforme social terreno fertile per la propagazione di informazioni false. Spesso, gli utenti tendono a presumere che i contenuti condivisi dalla propria rete sociale siano stati verificati, una convinzione che i dati dello studio smentiscono categoricamente.

Per contrastare questa tendenza, i ricercatori suggeriscono che le piattaforme social potrebbero implementare misure volte a rallentare il processo di condivisione. Tra queste, l’introduzione di meccanismi che richiedano agli utenti di confermare di aver letto il contenuto prima di condividerlo, o avvisi che evidenzino il rischio di diffondere informazioni non verificate. Secondo Sundar, tali “frizioni” potrebbero indurre una riflessione più approfondita negli utenti, contribuendo a ridurre la diffusione della disinformazione.

La ricerca, sebbene limitata a Facebook, apre uno scenario applicabile anche ad altre piattaforme social. Le dinamiche identificate, infatti, evidenziano una propensione generalizzata alla superficialità nell’interazione con i contenuti online, un fattore che accelera il ciclo di viralità delle notizie false. In un’epoca in cui l’informazione è accessibile in modo immediato e costante, promuovere un approccio più consapevole alla condivisione potrebbe rappresentare un passo cruciale per ridurre i rischi connessi alla disinformazione digitale.

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