Un nuovo studio condotto dall’University of British Columbia e pubblicato su Environmental Research rivela che alcune delle principali Intelligenze Artificiali (IA) al mondo presentano pregiudizi cognitivi, che riflettono visioni distorte della realtà sociale. Questi bias, comuni nella società, potrebbero compromettere gli sforzi globali per la difesa dell’ambiente. “È stato sorprendente – ha affermato Hamish van der Ven, autore principale dello studio – scoprire quanto fossero arretrati i modelli di intelligenza artificiale nel discutere delle sfide ambientali.”
Lo studio ha esaminato quattro modelli di IA ampiamente utilizzati, tra cui GPT-4 di OpenAI e Claude2 di Anthropic, ponendo loro domande riguardo alle cause, alle conseguenze e alle soluzioni ai problemi ambientali attuali. Le risposte fornite dai chatbot sono state analizzate per identificare eventuali forme di pregiudizio. I risultati sono stati sconvolgenti: i modelli di IA spesso riflettevano gli stessi pregiudizi che emergono nella società. In particolare, i chatbot si basavano prevalentemente su prospettive scientifiche occidentali, marginalizzando i contributi di scienziate e scienziati al di fuori del Nord America e dell’Europa. Inoltre, ignoravano quasi completamente le conoscenze indigene e locali, proponendo soluzioni che raramente affrontavano i problemi ambientali in maniera audace e sistemica, come il cambiamento climatico.
I pregiudizi emersi non si limitano alla scienza e alla conoscenza, ma anche alla politica e all’economia. I modelli di IA tendevano a minimizzare il ruolo degli investitori e delle grandi aziende nella creazione dei problemi ambientali, identificando principalmente i governi come i colpevoli. Inoltre, questi sistemi erano riluttanti ad associare le sfide ecologiche a questioni più ampie di giustizia sociale, come la povertà, il colonialismo e il razzismo.
“Se descrivono le sfide ambientali come compiti da gestire esclusivamente da parte dei governi nel modo più graduale possibile, rischiano di restringere il dibattito sugli urgenti cambiamenti ambientali di cui abbiamo bisogno“, ha dichiarato il dott. van der Ven, mettendo in luce un altro pericolo: quello di limitare le prospettive sul futuro dell’ambiente, ignorando le soluzioni più radicali e urgenti necessarie per affrontare la crisi planetaria.
Con questi risultati, lo studio sottolinea un problema fondamentale nel settore dell’intelligenza artificiale, che potrebbe influire negativamente sulla formazione delle opinioni pubbliche e sull’efficacia delle politiche ambientali. Se non affrontato, questo bias potrebbe continuare a diffondersi, ostacolando gli sforzi collettivi per un futuro più sostenibile.