Nuove scoperte sui vaccini contro lo Staphylococcus aureus

Nonostante i progressi nei modelli animali, circa trenta studi clinici finora non sono riusciti a sviluppare un vaccino umano efficace
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Recenti scoperte hanno aperto nuove prospettive per lo sviluppo di vaccini contro lo Staphylococcus aureus, uno dei principali responsabili delle infezioni della pelle e dei tessuti molli nell’uomo. A fare luce su queste potenzialità è uno studio condotto dai ricercatori dell’Università della California di San Diego, pubblicato sul Journal of Clinical Investigation (JCI). Secondo lo studio, S. aureus sarebbe in grado di indurre una sovrabbondanza di una proteina chiamata interleuchina-10 (IL-10) nelle cellule B, una condizione che inibisce la risposta immunitaria neutralizzando gli anticorpi. Questo fenomeno rende l’organismo incapace di eliminare efficacemente il batterio.

La minaccia rappresentata da S. aureus per la salute pubblica è amplificata dalla crescente diffusione della sua variante resistente alla meticillina, il MRSA. Come riportato da The Lancet, nel 2019 il batterio è stato coinvolto in oltre un milione di decessi a livello globale. “Si tratta di un agente patogeno che necessita urgentemente di essere tenuto sotto controllo perché provoca una significativa morbilità e mortalità non solo negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo“, ha dichiarato George Liu, professore di malattie infettive pediatriche all’Università della California di San Diego e primario al Rady Children’s Hospital di San Diego.

Nonostante i progressi nei modelli animali, circa trenta studi clinici finora non sono riusciti a sviluppare un vaccino umano efficace. In uno studio correlato, pubblicato lo stesso giorno su Nature Communications, i ricercatori hanno scoperto che l’eccesso di IL-10 in risposta a S. aureus impedisce alle cellule T helper di contrastare il patogeno. “Affinché un batterio possa vivere facilmente nel nostro naso e nel nostro intestino, deve sviluppare una strategia che smorzi efficacemente la risposta immunitaria per poter sopravvivere“, ha affermato Liu. Durante l’infanzia, la maggior parte di noi viene colonizzata da S. aureus, che si insinua nei passaggi nasali senza causare danni significativi, come ha spiegato Liu: “Per la maggior parte, non ci danneggia“. Uno studio del 2022 condotto da Chih-Ming Tsai, scienziato assistente nel laboratorio di Liu, ha dimostrato che questa esposizione precoce “inganna” le nostre cellule immunitarie, inducendole a produrre anticorpi modificati incapaci di difendere l’organismo contro il batterio.

In un ulteriore sviluppo, Tsai ha spiegato come l’esposizione agli anticorpi di S. aureus prima della vaccinazione abbia reso inefficaci i vaccini nei topi. “E’ per questo che i candidati vaccini che hanno funzionato bene nei topi senza precedenti esposizioni al patogeno non sono riusciti a proteggere gli esseri umani da nuovi incontri con S. aureus“. Quando i ricercatori hanno esposto i topi agli anticorpi umani prima della vaccinazione, il vaccino ha perso la sua efficacia. L’analisi ha rivelato che le cellule B, una tipologia di globuli bianchi che producono anticorpi, secernono una quantità eccessiva di IL-10 dopo una seconda esposizione al batterio. L’IL-10 induce l’aggiunta di uno zucchero chiamato acido sialico alla regione Fc degli anticorpi, annullando così la loro capacità di combattere il batterio.

L’IL-10 aiuta a produrre tonnellate di questo tipo di zucchero e, così facendo, spegne il nostro sistema immunitario“, ha sottolineato Tsai. Tuttavia, i ricercatori hanno anche scoperto che bloccando l’IL-10 durante l’immunizzazione si può ripristinare l’efficacia del vaccino. “Lo stesso vaccino che prima non funzionava ora funziona perfettamente nei topi“, ha aggiunto Tsai.

Il lavoro pubblicato su Nature Communications, guidato da Irshad A. Hajam, scienziato assistente nel laboratorio di Liu, ha esaminato il comportamento di S. aureus con i linfociti T CD4+ (cellule T helper), che sono responsabili di attivare la risposta immunitaria contro le infezioni. La ricerca ha mostrato che anche le cellule T helper, come le cellule B, secernono un eccesso di IL-10 in risposta al batterio, impedendo la produzione di IL-17A, una citochina essenziale per combattere le infezioni da S. aureus. Tuttavia, quando l’IL-10 veniva bloccato o veniva aggiunto il CAF01, un composto che potenzia la risposta delle cellule T alle infezioni, i ricercatori sono riusciti a ripristinare i livelli di IL-17A. “L’aggiunta di CAF01 durante la vaccinazione ha contribuito a trasformare l’inefficace vaccino IsdB in uno che ha funzionato nei topi esposti a S. aureus“. Hajam ha anche osservato che questo approccio ha avuto successo con altri vaccini precedentemente falliti contro il batterio.

I risultati di questi studi potrebbero rappresentare una svolta per lo sviluppo di un vaccino umano efficace contro S. aureus. Liu ha dichiarato: “La produzione di IL-10 da parte di numerosi altri microbi, tra cui Clostridioides e la malaria, potrebbe essere una delle ragioni per cui i vaccini promettenti per queste condizioni hanno fallito negli studi clinici sull’uomo, il che suggerisce che il blocco della citochina potrebbe anche ripristinarne l’efficacia“.

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