Materiali da costruzione come cemento e plastica hanno il potenziale di trattenere miliardi di tonnellate di anidride carbonica, evitando che questa raggiunga l’atmosfera. Questo incoraggiante risultato emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Science, condotto dagli scienziati dell’Università della California a Davis, e della Stanford University. Il team, guidato da Elisabeth Van Roijen e Sabbie Miller, ha valutato la capacità degli edifici di immagazzinare anidride carbonica per contrastare il cambiamento climatico e raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra.
Il processo di stoccaggio della CO2, spiegano gli esperti, prevede la raccolta del gas, la sua conversione in una forma stabile e l’immagazzinamento lontano dall’atmosfera, in modo che non possa contribuire al cambiamento climatico. Gli autori hanno pensato di sfruttare i materiali prodotti in grandi quantità per ovviare al problema: ogni anno, a livello globale, vengono realizzate oltre 30 miliardi di tonnellate di calcestruzzo, asfalto, plastica, legno e mattoni. Gli approcci valutati includevano l’aggiunta di biochar nel calcestruzzo, l’uso di rocce artificiali che possono essere caricate di carbonio, l’adozione di plastiche e leganti per asfalto basati sulla biomassa anziché su fonti di petrolio fossile e l’inclusione di fibre di biomassa nei mattoni. Alcuni di questi approcci sono ancora in fase di studio o su scala pilota, mentre altri sono già disponibili.
I ricercatori hanno scoperto che le plastiche di origine biologica potrebbero assorbire la maggiore quantità di carbonio in peso, ma il potenziale di stoccaggio del carbonio più grande è di gran lunga l’uso di aggregati carbonatici per il calcestruzzo. Tale materiale, infatti, è il più popolare al mondo, tanto che ogni anno ne vengono prodotti oltre 20 miliardi di tonnellate. Stando ai calcoli del gruppo di ricerca, se il 10% della produzione mondiale di aggregati di calcestruzzo riuscisse a stoccare carbonio, la quantità di anidride carbonica che raggiunge l’atmosfera calerebbe di una gigatonnellata.
“L’implementazione di nuovi processi – afferma Van Roijen – aumenterebbe il valore dei prodotti risultanti, creando sviluppo economico e promuovendo un’economia circolare. È tuttavia necessario un livello di sviluppo tecnologico significativo, specialmente nei casi in cui le prestazioni dei materiali e il potenziale di stoccaggio netto dei singoli metodi di produzione devono essere convalidati”.