Mont’e Prama: nuove scoperte e misteri sotto il fango di Cabras, un possibile centro nuragico sommerso in Sardegna

Secondo l'ingegnere Gaetano Ranieri, che ha contribuito al recupero dei primi busti e guidato una fase successiva delle ricerche, l'area potrebbe aver ospitato uno dei più grandi villaggi nuragici della Sardegna
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A mezzo secolo dalla scoperta dei primi frammenti dei Giganti di Mont’e Prama, il sito archeologico vicino allo stagno di Cabras (Oristanese) rimane in gran parte inesplorato. Secondo l’ingegnere Gaetano Ranieri, che ha contribuito al recupero dei primi busti e guidato una fase successiva delle ricerche, l’area potrebbe aver ospitato uno dei più grandi villaggi nuragici della Sardegna. “Già nel 2013 avevamo mappato numerose anomalie geomagnetiche: solidi che ricordavano nuraghe, pavimenti, muri. Un anno dopo, tirammo fuori due grandi betili, otto tombe e due statue quasi intere. I 7 ettari sui quali stavamo lavorando sembravano raccontare la “storia” complessa di un grande centro abitato, o di un grande sacrario”, sono le parole del professore in un’intervista realizzata da Italia Libera. “Qualcuno lo collegava agli importanti siti metalliferi di Montiferru e Monte Arci, che distano solo una ventina di chilometri. Noi, però, compulsando le carte antiche, notammo che i nuraghi si trovavano sempre al centro di zone ricche di acqua”. 

“C’è lo stagno Mar’e Pontis di Cabras. Oggi è salato, ma nell’età del Bronzo, era probabilmente un bacino d’acqua dolce, alimentato dai piccoli affluenti del fiume Tirso, che sfocia nel golfo di Oristano. Un luogo ideale per un insediamento importante. Dovevamo guardare sotto il fango. I nostri strumenti potevano farlo. Il problema era operare senza indicazioni su una laguna di 23 chilometri quadrati, una delle più estese d’Europa. Allora ci venne l’idea di indagare sulla chiesa, in parte ipogeica, di San Salvatore, legata a culti precristiani dell’acqua. Un rilievo multispettrale evidenziò che la massima parte delle figure parietali è di epoca romana. Però, poi, con l’infrarosso, scoprimmo un disegno sottostante più antico: una sorta di castello a otto torri. Forse un nuraghe. Con l’idea che fosse un paesaggio reale, poi sommerso, cominciammo le operazioni di sondaggio. Grazie ai pescatori della cooperativa Is Pontis, rilevammo con gli strumenti 4 chilometri quadri di stagno prospicienti a Mont’e Prama. La profondità massima è di un metro e sessanta, il fango quasi liquido. L’esplorazione con onde sismiche e tomografie elettriche individuò un possibile paleo-alveo del lago, piccoli affluenti, e strutture a forma di nuraghe, complete di terrazza e cupola”, continua Ranieri.

I nuraghe integri sono praticamente inesistenti. Sotto quanti metri di fango? “Circa 9 metri, alla base. La sedimentazione in un ambiente lacustre con immissario ed emissario può variare da 80 a 140 centimetri ogni millennio”. Sugli eventi di quest’autunno in Spagna. “Il climatologo Cliff Harris e il meteorologo Handy Mann, dell’Università dell’Illinois, hanno ricostruito la storia della temperatura media della Terra dal 2500 a.C. a oggi. Tra il 1600 e il 1100, hanno rilevato un’impennata tra i 3 e i 4,5 gradi e condizioni di estrema siccità, seguiti da una brusca inversione, con freddo intenso e venti fortissimi. In un recente articolo su “Nature”, Sturt Manning e altri della Cornell University, in base all’analisi isotopica sugli anelli di accrescimento del legno, propongono uno schema simile, con escursioni estreme annuali, o perfino mensili”. 

“La grande crisi del Mediterraneo – un collasso globale, con carestie, migrazioni, guerre – coincise, tra il 1204 e il 1192 a.C., con il massimo sconvolgimento climatico. Noi stiamo imparando sulla nostra pelle come il clima possa influenzare i sistemi sociali, economici e politici, ma dobbiamo pensare quanto pesasse migliaia di anni fa. Molti studiosi sostengono che l’impero hittita crollò, in pochi anni, a causa di questi eventi. Al tempo, la Sardegna si trovava ai margini di un clima quasi polare dal lato Ovest, proprio dove è Cabras, e da un clima torrido verso est. Queste condizioni favoriscono cicli di uragani di forza inaudita, che potrebbero aver annientato la civiltà nuragica”.

Poi conclude: “a che serve sondare il fondale con paletti a mano, come stanno facendo, se non a tirare fuori ancora qualche reperto sparso? Ormai lo sappiamo, i segreti di Mont’e Prama sono ben nascosti al centro della palude, dove era il vecchio lago d’acqua dolce, sotto metri di fango. È li che dobbiamo puntare, ma ci vogliono un mucchio di risorse e di tecnologie per arrivarci. E visto che i soldi sono pochi, si preferisce investirli in pubblicità, piuttosto che nella ricerca scientifica seria e programmata”. 

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