Un team guidato da ricercatori del Gruppo di Cosmologia della Scuola Normale Superiore di Pisa e dell’Università di Lubiana, in collaborazione con esperti internazionali, ha compiuto una importante scoperta sull’evoluzione delle proprietà della polvere cosmica che si trova nelle galassie dell’Universo primordiale, utilizzando i dati del telescopio spaziale James Webb (JWST). L’articolo è stato pubblicato su “Nature Astronomy”. La polvere cosmica è composta da minuscole particelle solide ed è una componente fondamentale delle galassie. Svolge un ruolo cruciale nella formazione stellare facilitando la formazione di nubi di gas molecolare. Inoltre, la polvere cosmica assorbe e diffonde (e successivamente riemette) i fotoni provenienti dalle stelle, in funzione della loro lunghezza d’onda. Questo processo, noto come attenuazione, è descritto matematicamente da una curva, detta curva di attenuazione, che dipende dalle proprietà della polvere (ad esempio, dimensioni dei grani e composizione chimica) e dalla sua distribuzione spaziale rispetto alle stelle in una galassia. Nonostante la sua importanza, l’influenza della polvere sulla luce emessa dalle galassie più antiche molto poco conosciuta.
Analizzando i dati del JWST relativi a 173 galassie formatesi quando l’Universo aveva solo tra 400 milioni e 3 miliardi di anni, il team ha scoperto nuove informazioni su come la polvere moduli la luce delle galassie in queste epoche primordiali: per esempio l’identificazione di una specifica caratteristica di assorbimento nell’ultravioletto (UV), nota come ‘UV bump’, nelle curve di attenuazione di queste galassie. Sorprendentemente, ‘UV bump’ è stato rilevato in una galassia risalente a soli 700 milioni di anni dopo il Big Bang: l’osservazione più antica di questa caratteristica.
Si ritiene che ‘UV bump’ derivi da piccoli grani di polvere contenenti materiali organici, come il carbonio. Inoltre, lo studio ha rivelato che le curve di attenuazione della polvere nelle galassie primordiali sono generalmente più piatte rispetto a quelle osservate nell’Universo locale, indicando che la polvere ha un impatto meno significativo sulla luce osservata proveniente da queste galassie lontane.
”Questa forma piatta della curva di attenuazione – spiega Vladan Markov, postdoc della Scuola Normale al momento della ricerca – suggerisce che la polvere nell’Universo primordiale fosse dominata da grani più grandi, probabilmente prodotti nei resti di esplosioni di supernova innescate dalla morte di stelle massicce. Con il trascorrere del tempo cosmico, grani più piccoli sono diventati sempre più prevalenti, grazie ai processi che avvengono nel mezzo interstellare, portando a curve di attenuazione più ripide e all’emergere degli ‘UV bump’ osservati nelle galassie vicine, inclusa la Via Lattea”.
Questi risultati forniscono importanti informazioni sul ciclo di vita della polvere cosmica, sulla sua evoluzione nel corso di miliardi di anni e sul ruolo cruciale delle prime supernovae nell’arricchire l’Universo di polvere.