I buchi neri restano tra gli enigmi più affascinanti dell’universo, ma un nuovo studio dell’Institute for Fundamental Physics of the Universe (IFPU), pubblicato sul Journal of Cosmology and Astroparticle Physics, apre scenari promettenti. Guidato dal fisico Stefano Liberati, il lavoro riassume i risultati di un workshop che ha riunito esperti per confrontarsi sulle singolarità al centro di questi oggetti cosmici.
Dal confronto emergono 3 modelli teorici principali: il buco nero standard, con singolarità e orizzonte degli eventi; il “normale“, che mantiene l’orizzonte ma elimina la singolarità; e infine il “mimetico“, privo di entrambi, che tuttavia appare esternamente come un buco nero.
Le tecnologie emergenti, come l’Event Horizon Telescope e le osservazioni di onde gravitazionali, potrebbero distinguere questi modelli. Anomalie nella curvatura dello spaziotempo o segnali termici inattesi potrebbero fornire indizi cruciali.
“Avremo bisogno di strumenti e canali di osservazione sempre più sofisticati. Le immagini ad alta risoluzione dell’Event Horizon Telescope potrebbero rivelare dettagli inaspettati nella luce riflessa attorno ai buchi neri. Le onde gravitazionali potrebbero mostrare sottili anomalie compatibili con geometrie dello spaziotempo non classiche. E la radiazione termica proveniente dalla superficie di un oggetto senza orizzonte potrebbe offrire un altro indizio promettente” sottolinea Liberati. . “Le conoscenze attuali non sono ancora sufficienti per determinare esattamente che tipo di perturbazioni cercare ma stiamo entrando in un’era caratterizzata da un panorama vasto e inesplorato di studi sulla gravità. È entusiasmante“,