Archeologia, tesori imperiali riscrivono la storia sommersa dei Campi Flegrei | FOTO

Recuperati in un'eccezionale operazione archeologica nei fondali di Bacoli preziosi reperti romani, tra cui architravi marmorei e una colonna in cipollino
  • architrave bacoli
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“Ci siamo riusciti! Abbiamo recuperato il primo reperto archeologico dal mare di Miseno. È un’architrave di 2000 anni fa, ancora ben visibile”. Lo scrive su Facebook il sindaco di Bacoli (Napoli), Josi Gerardo Della Ragione, allegando al post le foto salienti del recupero del reperto archeologico. “Una giornata ricca di emozioni. Era tra gli ornamenti dei monumenti pubblici dell’importantissima colonia romana di Misenum. La portiamo a galla dopo un’opera di studio e di recupero che abbiamo finanziato con grande gioia. Ed orgoglio. Perché eravamo una città che, con i propri soldi, non poteva permettersi neanche di rattoppare una strada. Oggi invece riusciamo a finanziare la ricerca culturale ed il recupero di meraviglie dell’epoca imperiale. Un percorso durato più di un anno, ed in cui crediamo tanto. L’abbiamo ritrovata in una sorta di deposito, sul fondale di Bacoli. Lì dove ormeggiava la flotta militare della Classis Misenensis. Insieme a tanti altri resti archeologici che proveremo a farvi conoscere. Li esporremo alla Casina Vanvitelliana del Fusaro. Una meraviglia”, continua il post.

Un ritrovamento straordinario che spinge il primo cittadino a ringraziare il “Soprintendente Mariano Nuzzo per la grande sensibilità ed operatività nella tutela e valorizzazione del territorio. Ringrazio la funzionaria Simona Formola ed i professionisti di Naumacos che si sono immersi in acqua per riportare alla luce i tesori dell’antica Roma. Ringrazio tutte le forze dell’ordine coinvolte in una mattinata di grande sinergia istituzionale: Carabinieri, Guardia di Finanza, Guardia Costiera. Ed è solo l’inizio. Insieme, siamo più forti. Un passo alla volta”, conclude il primo cittadino.

Quelli individuati, spiega il sindaco in un altro post social, sono reperti “di materiale essenzialmente lapideo, di notevole pregio architettonico, che si estende per circa 100 metri all’imboccatura dell’attuale porto di Miseno, tra la scogliera moderna radicata a terra presso Punta Terone e Punta Pennata, alla quota di circa -7 metri sotto il livello del mare. L’importanza di tali reperti, al di là dell’aspetto meramente estetico, consiste nel dato storico ed archeologico che restituiscono, fornendo un importante tassello ricostruttivo sulla vicenda insediativa della colonia romana di Misenum e sui suoi monumenti pubblici, di cui ancora poco si conosce“.

Le operazioni prevedono “il recupero dei reperti lapidei mediante palloni di sollevamento, con carico sommerso sospeso, e trasporto degli stessi via mare con l’ausilio della motovedetta dei Carabinieri“.

Una volta recuperati i manufatti, una colonna e due architravi, saranno trasportati al Parco Vanvitelliano del Fusaro per le successive operazioni di musealizzazione.

I dettagli dei ritrovamenti

Un’operazione archeologica senza precedenti ha riportato alla luce importanti reperti dell’epoca imperiale nella zona dei Campi Flegrei, svelando nuovi tasselli del glorioso passato della colonia romana di Misenum. Due architravi marmorei finemente decorati e un frammento di colonna in marmo cipollino sono stati recuperati dal mare, dove giacevano sommersi da secoli, in un tratto compreso tra Punta Terone e Punta Pennata.

L’intervento rientra in un progetto più ampio di tutela e valorizzazione del patrimonio sommerso dei Campi Flegrei, una delle aree archeologiche subacquee più significative del Mediterraneo. Il recupero è frutto di un’intesa tra la Soprintendenza archeologica dell’area di Napoli e il Comune di Bacoli, con il sostegno operativo dei Carabinieri Subacquei, della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera.

Il cumulo archeologico da cui provengono i reperti è un banco di materiali edilizi e decorativi che si estende per circa 90 metri di lunghezza e 2 di altezza, situato a una profondità compresa tra i 5 e i 9 metri. Non si tratta del risultato di un crollo casuale, bensì di un accumulo intenzionale, probabilmente funzionale alla creazione di una barriera contro le mareggiate, come confermano le tracce di agenti atmosferici e l’erosione selettiva dei materiali.

A questo cumulo si riferiscono, a partire dagli inizi degli anni ’80 del secolo scorso, numerosi quanto sorprendenti rinvenimenti occasionali, mentre uno scavo sistematico condotto nel 1996, portò alla luce, nonostante la parzialità dell’indagine, una messe di reperti di pregio e dati storico-archeologici di grande rilevanza (statue, basi iscritte, frammenti di architravi, basi di colonne), ora conservati al Museo Archeologico dei Campi Flegrei.

I reperti recuperati ora sono elementi scultorei e decorativi appartenenti agli edifici pubblici della colonia romana che costellavano l’insenatura, prima che il bradisismo li sommergesse. Il cumulo archeologico, che costituisce dunque un bacino inestimabile di informazioni e dati storici, rappresenta un intervento post-antico, creato non dal sovrapporsi di strutture crollate, ma da un accumulo intenzionale di materiali edilizi, probabilmente con lo scopo di ottenere una barriera di protezione soffolta, alla stessa stregua della funzione esercitata dalla moderna diga foranea, contro le ingressioni marine generate in particolare dai venti di Scirocco.

A suggerire l’interpretazione, spiega la Soprintendenza, è lo stato di conservazione dei reperti, che mostrano la faccia inferiore corrosa dai litodomi, sebbene non sia a diretto contatto con l’ambiente marino, e alcuni segni di percolazioni che conservano in superficie alcuni architravi, come se fossero stati a lungo esposti agli agenti atmosferici, e quindi accantonati dopo il crollo o lo smontaggio intenzionale, per essere poi utilizzati come materiali di reimpiego.

Un protocollo d’intesa

Pertanto, sia in ragione della tutela di reperti archeologici alla mercè degli agenti naturali, sia dell’alto interesse che riveste dal punto di vista archeologico la conoscenza della consistenza di tali reperti conservati sul fondale, è stato stipulato un anno fa un protocollo d’intesa tra la Soprintendenza e il Comune di Bacoli, grazie anche all’interesse del sindaco Josi Gerardo Della Ragione e di Mauro Cucco, vicesindaco del Comune di Bacoli con delega alla Cultura, finalizzato alla realizzazione di indagini indirette nell’area del Porto di Misenum, nell’ottica di promuovere e sostenere, congiuntamente, ricerche, studi e altre attività conoscitive sul patrimonio culturale sommerso e di promuovere azioni di sensibilizzazione relative ai temi della tutela e della valorizzazione del patrimonio culturale costiero e marino.

Sono stati pertanto eseguiti un rilievo completo dell’intero cumulo, comprensivo di caratterizzazione 3D, foto di dettaglio, rilievi iperspettrali delle sezioni più rappresentative del cumulo e del fondale marino su cui esso s’imposta, che hanno consentito di individuare alcuni reperti notevoli giudicati idonei al recupero e all’acquisizione al patrimonio dello Stato, mediante una delicata operazione di recupero, con l’utilizzo di palloni di sollevamento, con carico sommerso sospeso, e trasportati via mare con l’ausilio della motovedetta dei Carabinieri Subacquei.

Nello specificom si tratta di due architravi marmorei con modanature in rilievo e un frammento di colonna in marmo cipollino. L’importanza di tali reperti consiste nel dato archeologico e storico che essi restituiscono, fornendo un importante tassello ricostruttivo sulla vicenda insediativa della colonia romana di Misenum e dei suoi monumenti pubblici, di cui ancora poco si conosce.

“Risultato di straordinaria rilevanza storica e scientifica”

Il soprintendente Mariano Nuzzo, che ha seguito di persona l”intera operazione da mare, illustrando le procedure seguite e le diverse fasi del recupero, ha dichiarato: “il recupero di questi reperti rappresenta un risultato di straordinaria rilevanza storica e scientifica. I frammenti marmorei rinvenuti testimoniano la ricchezza e l’importanza anche simbolica di complessi pubblici che caratterizzavano l’intera colonia. Si tratta di elementi architettonici che con ogni probabilità appartenevano ad edifici rappresentativi del potere imperiale, strettamente connessi alla Classis Misenensis. Questi reperti non solo arricchiscono le nostre conoscenze del paesaggio urbano dell’epoca, ma ci restituiscono anche un’immagine viva e tangibile della dimensione politica, sociale e culturale di Miseno nel contesto del Mediterraneo antico”.