Anche durante il sonno profondo, il cervello umano resta in parte vigile per garantire la sopravvivenza. Un nuovo studio condotto dall’Università di Ginevra e dall’Istituto Pasteur, pubblicato su Scientific Reports, rivela come il cervello reagisca in modo sistematico ai suoni “ruvidi” – urla, allarmi o pianti – anche senza svegliarsi. Questi suoni, caratterizzati da rapide variazioni di intensità tra 40 e 100 Hz, attivano specifiche onde cerebrali e la regione dell’amigdala, responsabile delle risposte emotive. L’esperimento, condotto su 17 volontari addormentati monitorati con EEG, ha mostrato che la ruvidità sonora stimola i “fusi del sonno”, brevi impulsi cerebrali che proteggono il sonno da disturbi potenzialmente minacciosi.
Secondo i ricercatori, la risposta selettiva a tali suoni potrebbe spiegare disturbi come l’iperacusia e mostra quanto il rumore notturno possa influenzare la salute mentale e neurologica. In un mondo sempre più rumoroso, comprendere l’elaborazione acustica notturna diventa cruciale per la prevenzione di patologie legate al sonno e alla percezione uditiva.