Una nevicata sorprendente ha imbiancato Buenos Aires nella giornata del 23 giugno 2025, lasciando senza parole residenti e meteorologi. In contemporanea, l’Uruguay ha vissuto un’ondata di freddo anomala per il periodo, con gelate diffuse e temperature rigide. Si tratta di un evento estremamente raro per questa zona del Sud America, che si è verificato in un contesto di temperature prossime ai +3°C e con il supporto di venti freddi intensi, innescati dal passaggio di un fronte polare attivo sull’Argentina centro-meridionale.
Neve a Buenos Aires: un fenomeno quasi centenario
La neve nella capitale argentina è un evento che rientra a pieno titolo tra le eccezioni meteorologiche. L’ultima nevicata di rilievo risale al 9 luglio 2007, quando la città registrò il primo episodio nevoso significativo dopo 89 anni di assenza. Quella del 2025, pur meno intensa, rappresenta una nuova anomalia climatica in un’area tipicamente temperata. Secondo quanto confermato dal Servicio Meteorológico Nacional (SMN), il fenomeno si è verificato in presenza di una massa d’aria molto fredda in quota, unita ad una circolazione ciclonica favorevole al sollevamento dell’umidità presente al suolo.
Uruguay: gelo diffuso e condizioni invernali rigide
Parallelamente, l’Uruguay ha affrontato un’ondata di freddo intensa, con minime scese sotto lo zero in molte località e la formazione di gelate estese. Sebbene non siano stati segnalati accumuli nevosi, in alcune aree si sono osservati fiocchi isolati o nevischio misto a pioggia. Gli esperti locali ricordano che la neve in Uruguay è un fenomeno rarissimo, con appena due episodi storici degni di nota: nel 1918 e nel 1962. Questo rende l’evento del 2025 ancora più eccezionale, sebbene in linea con quanto osservato durante altre discese fredde polari in passato.
Cosa rende questo evento così straordinario?
La combinazione tra massa d’aria polare marittima, condizioni di instabilità atmosferica e termiche minime prossime allo zero ha creato un cocktail favorevole alla comparsa della neve anche a latitudini insolitamente basse. Solitamente, queste condizioni si presentano con maggiore facilità in aree più continentali o a latitudini superiori.
Il fenomeno del 23 giugno è stato reso possibile dalla sincronia tra raffreddamento notturno, venti da sud-ovest e umidità residua, tipica configurazione da “snow burst” nelle zone non montuose dell’Argentina. È importante sottolineare che l’episodio ha avuto durata limitata, ma ha comunque lasciato tracce ben visibili, alimentando il dibattito pubblico sul clima e sul ruolo dei cambiamenti in corso.
Neve a giugno: solo freddo o anche cambiamenti climatici?
Gli esperti mettono in guardia da una lettura semplicistica del fenomeno. L’evento in sé non contraddice il trend globale del riscaldamento climatico, ma anzi lo rafforza nella sua componente di maggiore estremizzazione dei fenomeni. Come sottolineato da climatologi del settore, il riscaldamento globale non significa solo temperature più alte, ma anche dinamiche atmosferiche più instabili, con una maggiore oscillazione delle masse d’aria e incursioni fredde più marcate ma più brevi.
Negli ultimi anni, il vortice polare australe ha mostrato segni di indebolimento episodico, consentendo scambi meridiani più accentuati tra aria tropicale e polare. Questo potrebbe spiegare l’arrivo precoce di una massa d’aria fredda a fine giugno, in un periodo che solitamente segna solo l’inizio dell’inverno australe.
Un monito per il futuro
Se da un lato la neve su Buenos Aires resta un’eccezione climatica, dall’altro offre uno spunto per riflettere sulla crescente imprevedibilità del meteo. Fenomeni come questi, pur rari, ci ricordano che la stabilità atmosferica del passato non è più garantita, e che la sorveglianza meteorologica e climatica deve essere costante.