Un nuovo studio pubblicato su Nature rivoluziona la comprensione dell’evoluzione del mimetismo batesiano: grazie all’uso di insetti stampati in 3D, i ricercatori hanno dimostrato che la percezione dei predatori gioca un ruolo fondamentale nel determinare quanto accurata debba essere un’imitazione per essere efficace. Il mimetismo batesiano è una strategia evolutiva in cui animali innocui (i cosiddetti “mimetici”) imitano l’aspetto di specie pericolose o sgradevoli al gusto (“modelli”) per scoraggiare i predatori. Un classico esempio è rappresentato da alcune specie di sirfidi (hoverfly), che assumono un aspetto simile a quello delle vespe. Tuttavia, la qualità dell’imitazione può variare da quasi perfetta a molto approssimativa, e finora è rimasto un mistero il motivo per cui non tutte le specie mimetiche evolvano un’imitazione perfetta.
L’esperimento: insetti in 3D e predatori reali
Per rispondere a questa domanda, il biologo Christopher Taylor e colleghi hanno progettato uno studio pionieristico. Hanno creato un set di insetti stampati in 3D basati su scansioni ad alta risoluzione di veri modelli (vespe) e mimetici (mosche), generando forme intermedie che non esistono in natura. Questi insetti artificiali variavano per caratteristiche come colore, forma, dimensioni e pattern. I modelli sono stati poi presentati a una serie di predatori reali: uccelli selvatici (in particolare cince maggiori), mantidi religiose, ragni saltatori e ragni granchio. Lo scopo era osservare in che misura ciascun predatore riusciva a distinguere un modello da un mimetico.
I risultati principali
1. Gli uccelli distinguono con precisione sorprendente
Le cince maggiori hanno dimostrato un’eccezionale capacità di apprendimento visivo: dopo alcune sessioni di addestramento, erano in grado di distinguere anche minime differenze tra un insetto pericoloso e uno innocuo. La discriminazione era più forte per colore e dimensione, e meno marcata per forma e pattern.
2. La somiglianza multipla non aiuta
Una delle ipotesi testate, quella dei “modelli multipli”, suggeriva che imitare parzialmente più specie pericolose potesse offrire maggiore protezione. Ma i risultati hanno smentito questa teoria: i mimetici intermedi tra due modelli (es. tra due tipi di vespe) non ricevevano più protezione rispetto a quelli che imitavano bene un solo modello.
3. I predatori invertebrati sono meno esigenti
A differenza degli uccelli, predatori come le mantidi, i ragni saltatori e i ragni granchio si sono dimostrati meno precisi. In particolare, bastava una somiglianza del 50% con una vespa per ottenere la stessa protezione di un vero modello. Questo spiega perché in natura persistano mimetismi approssimativi: contro certi predatori, sono sufficientemente buoni.
4. Il colore è il tratto più influente
In un esperimento separato in laboratorio con pulcini, è emerso che il colore ha un impatto decisivo nel determinare la reazione del predatore. Anche piccole variazioni cromatiche influenzavano la rapidità con cui gli animali attaccavano. La dimensione veniva subito dopo in ordine di importanza, mentre forma e pattern influivano meno.
Implicazioni evolutive
Lo studio ribadisce che l’evoluzione del mimetismo è fortemente dipendente dai predatori. Dove i predatori sono esigenti (come gli uccelli), i mimetici devono essere estremamente accurati per sopravvivere. Ma in ambienti dominati da predatori meno selettivi, anche imitazioni imperfette possono bastare. Inoltre, la difficoltà di elaborare differenze visive può non dipendere solo dalla percezione sensoriale, ma anche dalla motivazione: un predatore poco affamato, o poco incentivato, potrebbe evitare l’attacco anche di fronte a un mimetismo non perfetto.
Una nuova frontiera per lo studio del mimetismo
Grazie alla tecnologia della stampa 3D e all’approccio multidisciplinare, questo studio ha aperto nuove strade nello studio dell’adattamento morfologico. Gli autori suggeriscono che metodologie simili potrebbero essere usate anche per analizzare altri tratti complessi dell’evoluzione.