E’ morto il grande giornalista John Noble Wilford: una vita dedicata a scienza, spazio e meteo

E' morto il giornalista statunitense John Noble Wilford, il cronista che raccontò lo sbarco sulla Luna sul New York Times

Il giornalista statunitense John Noble Wilford, vincitore del premio Pulitzer, noto per la sua copertura dello storico sbarco sulla Luna del 1969, i cui articoli vennero poi raccolti nel volume bestseller “La conquista della Luna” (Garzanti), pubblicato appena tre giorni dopo il rientro dell’Apollo 11, è morto lunedì 8 dicembre nella sua casa di Charlottesville, in Virginia, all’età di 92 anni a causa di un tumore alla prostata. Wilford è entrato nella memoria collettiva per la sua capacità unica di raccontare la scienza con passione e precisione, trasformando i numeri, i dati e le tecnologie più complesse in narrazioni affascinanti. Il suo articolo in prima pagina del “New York Times” del 21 luglio 1969, intitolato “Men walk on Moon“, resta una delle cronache giornalistiche più iconiche del XX secolo. Raccontando l’allunaggio dell’Apollo 11, Wilford descrisse l’impresa degli astronauti Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins con dettagli lirici e vividi: “La Luna, a lungo simbolo dell’impossibile e del’inaccessibile, era ora a portata dell’uomo, il primo porto di scalo in questa nuova era della conquista spaziale“. Cinquant’anni dopo, Wilford ricordava quella notte al centro di controllo Nasa di Houston come un’esperienza irripetibile: “Pensai tra me e me: sì, questa è la più grande storia che probabilmente scriverò in carriera, a meno che non sia ancora qui quando si scoprirà vita altrove nell’universo”.

Nato a Murray, Kentucky, il 4 ottobre 1933, John Noble Wilford crebbe in Tennessee, figlio di un pastore metodista. Fin da giovane mostrò interesse per il giornalismo, scrivendo una rubrica settimanale su eventi scolastici e coprendo lo sport per il giornale locale. Dopo il diploma alla E.W. Grove High School nel 1951, studiò giornalismo all’Università del Tennessee, ottenendo la laurea nel 1955, e un anno dopo completò un master in scienze politiche alla Syracuse University. Wilford iniziò la carriera al “Wall Street Journal“, ma interruppe il lavoro per il servizio militare in Germania Ovest tra il 1957 e il 1959. Tornato al giornale, si dedicò alla cronaca scientifica e medica prima di approdare a “Time“, e infine al “New York Times” nel 1965, dove sarebbe diventato uno dei volti più rispettati del giornalismo scientifico. Nel 1965, con la copertura del rendezvous spaziale tra Gemini 6 e Gemini 7, Wilford mostrò già la sua capacità di combinare rigore tecnico e narrazione avvincente: “I due equipaggi si sono avvicinati abbastanza da scorgersi l’un l’altro nelle cabine, scambiarsi battute e ispezionare dettagli sugli esterni dei veicoli“, scrisse, catturando l’immaginazione dei lettori.

Il lavoro di Wilford non si limitava alle scrivanie dei giornali. Era un cronista avventuroso, pronto a spingersi fino ai luoghi più estremi per raccontare la scienza con realismo. Volò attraverso uragani per documentare esperimenti di semina delle nuvole, si immerse negli abissi oceanici a bordo di sommergibili, provò simulatori di atterraggio lunare e di shuttle spaziali, partecipò a spedizioni in Groenlandia e nelle gole del Grand Canyon, e perfino condusse indagini sulla leggenda del mostro di Loch Ness. La sua dedizione alla narrazione scientifica si estese anche alla scrittura di libri. Tra i suoi lavori più celebri figurano: “I signori delle mappe. La storia avventurosa dell’invenzione della cartografia” (Garzanti, 1983) e “L’enigma dei dinosauri” (Longanesi, 1987). Nel 1984 Wilford vinse il premio Pulitzer per il reportage nazionale, riconosciuto per la capacità di trasmettere “meraviglia e realtà della scienza“, inclusa la corsa tra Stati Uniti e Unione Sovietica per sviluppare armi nello spazio. Partecipò anche al team del “Times” premiato nel 1987 per la copertura dell’esplosione dello Space Shuttle Challenger.

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