Il 2025 rappresenta un anno di svolta per la genomica europea. Sapienza ha diretto tre lavori di rilievo internazionale che insieme ridisegnano il panorama della biologia dei cromosomi, dell’evoluzione genomica e della genomica funzionale ad altissima risoluzione. I tre studi tracciano un filo conduttore unico che ha portato alla definizione della sequenza del genoma di una particolare linea cellulare diploide umana, comunemente utilizzata come modello di riferimento nello studio dei farmaci e delle malattie genetiche. Fino ad oggi mancava un genoma di riferimento specifico per linea cellulare che permettesse analisi accurate nelle regioni complesse. Nello studio pubblicato su Nature Communications lo scorso settembre, i ricercatori del Giunta Lab della Sapienza hanno ricostruito interamente, per la prima volta in un singolo laboratorio europeo, il genoma di riferimento diploide della linea cellulare RPE-1.
Derivata da una cellula epiteliale pigmentata retinica (RPE) umana non cancerosa, la RPE-1 è una delle linee cellulari più utilizzate in ambito sperimentale, spesso fungendo da modello chiave. Inoltre, essendo una linea cellulare diploide, il genoma RPE-1 contiene sia centromeri materni che paterni. È la prima volta al mondo che una linea cellulare umana diploide, ampiamente utilizzata nella ricerca, dispone di un proprio genoma di riferimento. Questo risultato colloca il nuovo assemblaggio, RPE1v1.1, tra una ristrettissima élite di genomi diploidi, con ricostruzione di ciascun cromosoma in un’unica sequenza continua, finora ottenuti a livello globale.
Lo studio
In questo studio, il Laboratorio ha mostrato quante differenze ci siano a livello genetico, non solo tra individui ma anche all’interno dello stesso genoma tra gli aplotipi materni e paterni, con picchi ben oltre l’atteso di 0.1% ma oltre il 6% di divergenza, rivelando che non siamo davvero “identici al 99,9%” ma che in alcune regioni, il nostro DNA varia dippiù di quanto pensato in precedenza. Una di queste regioni iper-variabili sono i centromeri. Considerati per decenni le “scatole nere” del genoma, sono la struttura della cellula che tiene insieme le copie di un cromosoma durante la divisione cellulare.
Nel lavoro pubblicato su Science lo scorso luglio il Laboratorio ha dimostrato che l’architettura dei centromeri negli umani e nei primati rimane la stessa anche quando la sequenza di DNA cambia radicalmente. Questa scoperta ha fornito uno strumento cruciale per analizzare i centromeri e convalidare l’accuratezza dell’assemblaggio del genoma di riferimento da utilizzare come modello per analizzare i dati di sequenziamento generati dalla stessa linea cellulare.
Infine Giunta Lab è stato in grado di definire per la prima volta una mappa funzionale del cinetocore umano, la struttura proteica complessa che si trova sul centromero di ciascun cromatidio, la parte del cromosoma dove i due cromatidi fratelli sono uniti.
Nello studio pubblicato su Nature Communications la scorsa settimana, è stato scoperto infatti che ogni cromosoma possiede un cinetocore con un’estensione e una posizione unica, non uniformi tra i 23 cromosomi e che i due aplogruppi (materno e paterno) differiscono tra loro anche nella struttura del cinetocore, rivelando una complessità finora impossibile da osservare.
“Questi tre studi dimostrano che i genomi di riferimento specifici per ogni linea cellulare sono un requisito indispensabile per una genomica funzionale accurata”, afferma Simona Giunta – docente di Genome Evolution alla Sapienza e coordinatrice del GiuntaLab – Per comprendere il genoma umano occorre quindi avere una visione integrata: evoluzione, struttura e funzione. Infine – spiega Giunta – queste ricerche aprono le porte all’assemblaggio completo del genoma di altre linee cellulari per comprendere meglio le mutazioni o le varianti genetiche correlate alle malattie in tutti gli individui”.


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