Osservato lo scheletro invisibile della materia oscura

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Credit: Jorg Dietrich, U-M Department of Physics

Grazie ai dati ottenuti con il telescopio Subaru e il satellite XMM-Newton a raggi X, gli scienziati hanno osservato per la prima volta lo scheletro invisibile della materia oscura, dove si ritiene che risieda più della metà di tutta la materia dell’universo. La scoperta, avvenuta grazie ad un ricercatore dell’Università del Michigan, conferma una previsione fondamentale nella teoria prevalente dell’universo come struttura evoluta. La mappa del cosmo conosciuto, dimostra che la maggior parte delle galassie sono organizzate in gruppi, ma alcune di esse si trovano lungo i filamenti che collegano gli ammassi di stelle. I cosmologi hanno teorizzato che la materia oscura sta in quei filamenti che fungono da “autostrade”, guidando le galassie verso l’attrazione gravitazionale degli enormi ammassi. Il contributo della materia oscura è stato previsto con simulazioni al computer e la sua forma abbozzata sulla distribuzione delle galassie, ma nessuno l’aveva mai osservata direttamente. La sua composizione è ancora un mistero, non emette o assorbe luce, per cui gli astronomi non possono vederla direttamente con i telescopi. La sua esistenza si deduce in base a come la gravità influenza la materia visibile. Gli scienziati stimano che costituisca oltre l’80 per cento dell’universo. Per osservare la componente di materia oscura dei filamenti che collegano gli ammassi Abell 222 e 223, Jorg Dietrich, un ricercatore di fisica presso l’Università del Michigan, e i suoi colleghi, hanno approfittato di un fenomeno chiamato lente gravitazionale. La gravità di oggetti massicci, come ammassi di galassie agisce come una lente che piega e distorce la luce proveniente dagli oggetti più distanti. Il team di Dietrich ha osservato decine di migliaia di galassie al di là del superammasso. Questo lavoro è stato finanziato dalla National Science Foundation e dalla NASA. Altri partecipanti sono l’Istituto Kavli presso la Stanford University, l’Ohio University, il Max Planck Institut fur Physik extraterrestrische in Germania, l’Università di Edimburgo e l’Università di Oxford.

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