Il Mediterraneo ha la febbre, in alcuni punti si sono superati i +28°C: cattivo presagio per la futura stagione autunnale

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Si notano le evidenti anomalie termiche positive su gran parte del bacino mediterraneo

Il mar Mediterraneo ha la febbre. Ormai nel cuore della stagione estiva, tra un bagno e l’altro, in molti avranno notato che le acque del “mare Nostrum” sono molto più calde della norma, anche in quei bacini dove solitamente l’azione delle correnti, del moto ondoso e del vento inibiscono un certo riscaldamento. Questo brusco riscaldamento delle acque superficiali del bacino centrale del mar Mediterraneo è  una delle prime conseguenze dello strapotere dell’opprimente anticiclone sub-tropicale nord-africano. In particolare dei mari che circondano la penisola italiana, la Sardegna e la Sicilia, che da settimane sono soggetti ad un soleggiamento quasi ininterrotto che sta agevolando un notevole incremento dei valori termici delle acque, soprattutto del basso Tirreno, Ionio e Canale di Sicilia, già abbondantemente oltre i +25°C +26°C.

Il permanente regime anticiclonico sub-tropicale di questi due mesi, oltre a rendere il soleggiamento pressoché costante e prolungato per l’intero arco di giornata, ha contribuito a mantenere i mari quasi calmi o al più poco mosso per via della debole o quasi del tutto assente ventilazione da “gradiente” nei bassi strati. Per molti giorni il mare a largo è rimasto quasi immobile, come fosse una palude di acque stagnanti, il cosiddetto “mare d‘olio“, come viene definito da pescatori e marinai. L’acqua calma in superficie, sotto il sole cocente di Giugno e Luglio, ha potuto immagazzinare una maggiore quantità di calore dopo settimane di cieli sereni o poco nuvolosi.

Ciò può spiegare perché già ad inizio di Luglio i mari che circondano l’Italia erano molto caldi, con rilevanti anomalie termiche positive fino a +4°C, +5°C, localmente anche +6°C, rispetto alle medie tipiche per il periodo.
Inoltre l’assenza di un moto ondoso degno di nota non ha prodotto alcun rimescolamento delle acque superficiali o fenomeni di “Upwelling”, che sovente generano un raffreddamento, specie se il mare diventa molto mosso o agitato, anche per poche ore.

Analizzando i dati forniti dalle boe della rete ondametrica nazionale, gestite dall’ISPRA, vengono fuori tutte le anomalie che abbiamo appena citato.
I dati in questione riguardano però le boe posizionate in mare aperto, ad una certa distanza dalla costa.
Attualmente i bacini più caldi, sul Mediterraneo centrale, sono il mar Libico e il Canale di Sicilia che già registrano delle temperature che in alcuni punti toccano i +27°C, +28°C, come nei mari tropicali.
In particolare sul Canale di Sicilia, fra Malta, le Pelagie e l’isola di Pantelleria, le temperature dell’acqua sono arrivate a misurare valori di ben +27.0°C, +27.5°C.

Fantastica foto in notturna del temporale che sabato scorso ha interessato lo stretto di Messina (scatto a cura di Fabbrizio Micalizzi)

Ma picchi di +26°C, +27°C si registrano anche sul settore più orientale del basso Tirreno, in prossimità delle Eolie, ove si è isolata in superficie una vera e propria area di acque calde che si protende fino alle coste della Sicilia settentrionale a causa delle debole ventilazione in mare aperto.
In previsione della futura stagione autunnale i mari cosi caldi rappresentano un brutto presagio non appena il flusso umido perturbato atlantico comincerà a scendere di latitudine pilotando verso il Mediterraneo i primi sistemi frontali e le prime profonde saccature dalla forma a “V”. Già sabato scorso le coste tirreniche del basso reggino e del messinese hanno avuto solo un piccolo assaggio con la formazione di intensi temporali marittimi che si sono dissolti non appena hanno toccato la terra ferma.

Tutto questo calore latente accumulato da questi bacini nel periodo estivo verrà poi gradualmente rilasciato durante l’autunno e la stagione invernale, trasferendo cosi alle masse d’aria sovrastanti una maggior quantità di calore che oltre a far innalzare le temperature dell’aria nei bassi strati contribuirà ad apportare una maggior quantità di vapore acqueo nell’atmosfera che a sua volta determina un incremento dei “carichi precipitativi” nei periodi di instabilità atmosferica, al primo affondo perturbato verso il “mare Nostrum“ (saccature in quota, CUT-OFF, gocce fredde), allorquando l’umido flusso zonale oceanico si abbassa di latitudine.

Il "TLC" "Celano" mentre si approfondisce sul mar Ionio bordando le coste orientali sicule con forti venti e mareggiate

Un mare cosi caldo, inoltre, è in grado di alimentare e irrobustire i fronti perturbati di origine nord atlantica e nord-africana, fornendo una maggior quantità di calore latente che funge da carburante per lo scoppio dell’attività convettiva, favorendo cosi lo sviluppo di grossi sistemi temporaleschi a mesoscala e MCS capaci di apportare severe fasi di maltempo, con forti piogge e nubifragi piuttosto intensi, in grado di causare anche dei disastrosi “flash flood”, spesso enfatizzati dall’azione orografica (vedi la Sardegna, la Liguria, l’alta Toscana, le coste campane, la Calabria, la Sicilia) e dal fenomeno dello “stau”.
In più la presenza di acque superficiali cosi calde può far scoppiare forti moti convettivi (correnti ascensionali) col solo transito in quota del ramo più meridionale della “Jet Stream” o per deboli infiltrazioni d’aria fresca oceanica o continentale che scorrono lungo il bordo orientale dell’anticiclone delle Azzorre.

Altro esempio di ciclone mediterraneo dalle caratteristiche tropicali

Queste, assieme alle gocce fredde in quota e ai “CUT-OFF” (circolazioni cicloniche a carattere chiuso strutturate in quota), sono le figure bariche ideali per sfornare i tanto temuti “temporali marittimi”, autentiche “torri di vapore” di oltre i 10-12 km di altezza, che prendono il loro sviluppo dall’immensa quantità di calore latente fornita dalla calda superficie marina. Alcuni di questi sistemi temporaleschi, sfruttando le enormi quantità di calore latente sprigionate dal mare, possono anche evolversi in insidiose ciclogenesi dalle caratteristiche tropicali, meglio note con la sigla di “TLC”, caratterizzati da una intensa attività convettiva centrale (attorno il minimo barico) e da grande “barotropicità”, tipica delle perturbazioni tropicali, al contrario delle depressioni extratropicali delle medie latitudini che sono caratterizzata da “baroclinicità”. Questi profondi vortici ciclonici tropicali mediterranei si formano molto spesso nella stagione autunnale (alle volte neanche i modelli matematici riescono ad inquadrare bene il loro sviluppo visto la rapida velocità con cui scoppia la convenzione attorno il sistema depressionario), fra Agosto e il mese di Gennaio, nel periodo dell’anno in cui le temperature delle acque superficiali dei mari mediterranei raggiungono i massimi valori, anche con picchi di +27° +28° su tratti del mar Libico e del basso Mediterraneo.

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