Bufale sul web: perché sono sempre più diffuse e perché ci cascano anche gli addetti ai lavori

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Non abbiamo più tempo. Non abbiamo più voglia di leggere e di approfondire. Spesso, non abbiamo nemmeno la capacità di approfondire. E per questo le bufale, ovvero le false notizie “bomba”, vengono scambiate per verità assolute e indiscutibili. La comunicazione al giorno d’oggi, si sa, è tutto. Ma per la stragrande maggioranza delle persone è diventata una sorta di “mordi e fuggi”, ovvero si tende a leggere i titoli, soprattutto se ad effetto, e si condivide la notizia sulla propria pagina social, spesso senza approfondire, o addirittura senza nemmeno cliccare e leggere il link condiviso.

bufalannibalInnanzitutto bisogna partire da un presupposto: credere a una bufala non è sempre sintomo di stupidità o di scarso intelletto, ma è una normale reazione umana. Una reazione dovuta alla volontà irrefrenabile del “far sapere”. La bufala si presenta in genere come un’informazione importante che però pochi conoscono. Ovviamente non è sempre così. Come già detto, spesso si crede alle bufale solo perché non si ha la capacità, la voglia o il tempo di verificarle. Inoltre c’è da sottolineare che tra i maggiori fruitori di queste false notizie si sono i cosiddetti “bastian contrario“, ovvero persone che per sentirsi più “furbi” della media, assumono per partito preso le opinioni e gli atteggiamenti contrari a quelli della maggioranza.

PUTINAll’argomento bufale sono stati dedicati appositi studi. In particolare un articolo di revisione scritto da un team di ricercatori di università americane e australiane, guidato da Stephan Lewandowsky dell’University of West Australia, e pubblicato sulla rivista Psychological Science in the Public Interest, ha indagato sulle ragione della diffusione a macchia d’olio delle false notizie. Per poter riuscire a comprendere un’informazione, che sia letta o ascoltata, bisogna innanzitutto considerarla vera, quindi accettarne la veridicità è fondamentale ai fini della comprensione. “Andare oltre questa accettazione automatica richiede una motivazione addizionale e risorse cognitive” spiegano gli autori dell’articolo. Dunque, in genere il meccanismo del dubbio non si attiva. Quando, invece, la nostra mente rileva la presenza di elementi sospetti nell’informazione ricevuta, l’attivazione cognitiva si mette in atto. Accade, ad esempio, quando quella specifica informazione manca di coerenza interna. “Una volta che una storia coerente si è formata nella mente — dicono i ricercatori — diventa fortemente resistente al cambiamento“. E questo, a prescindere del suo grado di veridicità. Avviene però che, quanto la storia presenta delle incoerenze interne o in rapporto ad altre informazioni che già si posseggono, la mente di chi la riceve diventa critica e la mette in dubbio. Ad esempio, spiegano i ricercatori, “prima dell’invasione dell’Iraq del 2003, alle voci che invocavano l’azione militare unilaterale veniva dato risalto nei media americani, cosicché la maggioranza dei cittadini che, al contrario, voleva il coinvolgimento realizzato assieme ad altre nazioni, sentiva di essere in minoranza“.

bufalaOggi, con la capillare diffusione di internet e dei social media, tutto è diventato “credibile”: si “abbocca” ad ogni cosa, e spesso anche a notizie assurde, come un mostro primitivo ritrovato nelle acque dello Stretto di Messina; o, ancora, le foto del ministro Boschi da giovane, che avrebbe posato quasi nuda (notizia che si è poi rivelata completamente falsa, e pochi si sono resi conto che la donna delle foto era un’altra persona). La cosa peggiore è che spesso, dopo la divulgazione capillare delle bufale, per far capire ad un consistente numero di utenti che si tratta di una bufala, non basta nemmeno ritrattare: “le persone, in genere, non amano che qualcuno dica loro che cosa pensare e come comportarsi, quindi sono portate a rigettare ritrattazioni particolarmente autoritarie” spiegano Lewandowsky e i suoi collaboratori. Bisognerebbe, prima di condividere qualsiasi notizia, soprattutto le più appetibili e succulente, verificarne la veridicità in ogni modo possibile.

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