Fidel Castro e gli USA: ‘sopravvissuto’ a 11 Presidenti, ecco i rapporti con ognuno di loro

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Nonostante i complotti subiti, la fallita invasione Usa della Baia dei Porci e l’embargo, Fidel Castro prese il potere il primo gennaio del 1959 e riuscì a ‘sopravvivere’ a ben undici presidenti degli Stati Uniti. Durante le presidenze di Dwight Eisenhower, John F. Kennedy, Lyndon Johnson, Richard Nixon, Gerald Ford, Jimmy Carter, Ronald Reagan, George Bush, Bill Clinton, George W. Bush e Barack Obam tutti, senza eccezione, hanno avuto qualcosa da dire su Cuba durante la loro permanenza alla Casa Bianca. Ecco una sintesi dei momenti principali che caratterizzarono il rapporto Cuba – USA e i loro Presidenti.

EISENHOWER – Il 3 gennaio del 1961 chiuse l’ambasciata Usa all’Avana e sancì la fine dei rapporti diplomatici. Subito dopo la rivoluzione Fidel Castro approvò una legge sulla riforma agraria contro il latifondo e varò le nazionalizzazioni, Washington rispose con una serie di misure che comprendevano lo stop agli acquisti dello zucchero cubano, prodotto dal quale in quel momento L’Avana dipendeva in gran parte proprio dagli Usa. Fidel nazionalizzò le proprietà Usa sull’isola.

KENNEDY – Nell’aprile del ’61, ci fu l’invasione, fallimentare, della Baia dei Porci guidata da cubani in esilio con il sostegno della Cia. Nel febbraio del ’62 Kennedy rafforzò le restrizioni di Eisenhower. In ottobre scoppiò la ‘crisi dei missili’, che vide protagonisti Usa e Urss, mettendo il mondo sull’orlo di una guerra nucleare. Il 15 ottobre gli Usa resero noto di aver scoperto missili nucleari sovietici sul territorio cubano. La crisi si concluse qualche giorno dopo con il ritiro dei missili sovietici.

JOHNSON – Nel novembre del ’66 il Congresso approvo’ la legge dell’ ‘ajuste cubano’, che autorizzò benefici speciali agli esuli cubani che arrivavano negli Usa.

NIXON – Mantenne invariate le sanzioni anti-Cuba degli Usa.

FORD – Prese invece alcune misure di alleggerimento, per esempio permise agli uomini d’affari Usa di visitare l’isola tramite autorizzazioni specifiche.

CARTER – Una presidenza chiave. Nel ’77 riavviò il dialogo, alleggerendo alcune sanzioni economiche, permettendo la permanenza a Cuba di cittadini Usa e la vendita di medicine e alimenti. Diede inoltre il via libera all’invio di rimesse da parte dei cubani degli Usa. Lo stesso anno furono aperte le rispettive rappresentanze diplomatiche a livello ‘sezioni d’interesse’.

REAGAN – In questo periodo di fu una regressione. Cancellò alcuni dei provvedimenti introdotti da Carter e nell’82 incluse all’Avana nella lista nera dei paesi terroristici. Inserì delle restrizioni sull’import da Cuba.

GEORGE BUSH – Ratificò la ‘legge Torricelli’ appesantì le sanzioni anti-Usa, tramite il divieto alle filiali delle società Usa, anche se straniere ed operanti in Paesi terzi, a commerciare con l’isola. Finanziò il dissenso nell’isola.

CLINTON – Ancora una stretta, nel contesto di una dura crisi con L’Avana: nel 1996 fu approvata la legge ‘Helms-Burton’, che appesantì l’embargo, introducendo sanzioni alle società con rapporti economici con L’Avana, e la ‘Torricelli’ che prevedeva dei ‘budget’ da destinare all’opposizione anti-castrista. Tre anni dopo, Clinton alleggerì in parte il ‘bloqueo’.

GEORGE W. BUSH – Durissimo. Nel 2004 presentò un ‘piano’ che rafforzò l’embargo con l’intenzione dichiarata di “accelerare la liberazione dalla tirannia del popolo cubano”. L’Avana lo definì il piano “fascista”. Due anni prima inasprì gli scambi culturali, scientifici e sportivi.

OBAMA – Un rapporto diviso in due fasi nette, la prima di continuità la seconda di rottura con il passato. Nel 2009 sospese gran parte delle restrizioni imposte all’immigrazione cubana. Ma per la ‘revolucion’ di Washington nei confronti dell’Avana bisogna aspettare al 17 dicembre 2014: dopo 18 mesi di negoziati segreti, con la mediazione del Papa argentino, Obama e Raul annunciarono la svolta nei rapporti e il ‘disgelo’.

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