Sottomarino argentino scomparso nell’Atlantico, il punto: SOS ossigeno o ipotesi esplosione, un impatto “come un Tir precipitato in testa”

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Il sottomarino San Juan, con a bordo 44 persone è scomparso ormai da quasi 10 giorni nel Sud Atlantico. Ieri il portavoce della Marina argentina, Enrique Balbi ha confermato: “Sì, c’è stata un’esplosione, confermando la tesi che circolavano già da qualche giorno sui media dopo il rilevamento dell’anomalia idro-acustica.
La Marina continua a setacciare l’oceano e i familiari dei membri dell’equipaggio continuano a sperare, anche se col passare delle ora diventa sempre più evidente che ritrovare vivi i membri dell’equipaggio è un miraggio. Ammesso che non siano morti nell’esplosione, l’ossigeno all’interno del San Juan potrebbe già essere finito da un pezzo (a meno che non siano stati in grado di raccogliere nuove riserve d’aria in superficie). Difficile se non impossibile azzardare congetture in questo momento.

Le ricerche in mare, anche in condizioni estremamente avverse, non hanno ancora prodotto esiti positivi nonostante siano 13 i Paesi impegnati nella ricerca: oltre all’Argentina, vi partecipano Germania, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Spagna, Stati Uniti, Francia, Norvegia, Perù, Regno Unito, Uruguay e Russia.

sottomarino scomparsoSecondo Peter Layton, visiting professor della Griffith University “se il San Juan è affondato ma è ancora intatto, avrà circa una settimana o 10 giorni di ossigeno” ha detto qualche giorno fa alla ‘Cnn’: col passare dei giorni quindi il tempo sarebbe già scaduto. Secondo il capitano e comandante della Marina spagnola, Alejandro Cuerda Lorenzo, invece, se i marinai sono colati a picco ma sono ancora vivi, potrebbero avere ancora quattro giorni d’ossigeno: “Potrebbero sopravvivere fino al 28 novembre” ha spiegato ai microfoni di ‘Herrera En Cope’. Secondo i calcoli della Marina argentina le scorte di ossigeno del San Juan avrebbero raggiunto il loro limite ieri.

Non è però solo la quantità d’ossigeno a preoccupare: i rischi per la salute a 200 metri sotto il mare su un mezzo in avaria, sono infiniti. Se a bordo del San Juan c’è stata davvero un’esplosione, la pressione all’interno sarebbe improvvisamente aumentata tanto da uccidere i marinai.
A 21 atmosfere di profondità, avrebbero avuto un impatto con l’acqua pari al peso di un tir precipitato in testa – ha spiegato all’AdnKronos Luca Revelli, chirurgo e direttore del Master di Medicina del mare dell’Università Cattolica-Policlinico Gemelli di Roma – Uno scontro tanto violento che non gli avrebbe dato il tempo di rendersi conto di cosa accadeva“. “L’effetto schiacciamento della pressione può averli frantumati“.

Se la peggiore delle ipotesi dovesse rivelarsi quella corretta, quello del San Juan sarebbe il disastro sottomarino più mortale dopo quello del Kursk, il sottomarino russo affondato 17 anni fa nel mare di Barents, con a bordo 118 membri dell’equipaggio. Si tratterebbe inoltre della più grande perdita di militari argentini dalla guerra delle Falkland del 1982.

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