Medicina: un nuovo farmaco per combattere il tumore alla prostata

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Credit: commons.wikimedia.org

Ogni anno 36 mila italiani vengono colpiti dal tumore alla prostata: stando a quanto ci dicono le stime, si tratta del tipo di tumore più frequente negli uomini, che da solo conta il 20% di tutti i tumori del sesso maschile. Un numero che, secondo gli esperti, è destinato a crescere: l’associazione oncologi Aiom e il registro tumori Airtum stimano nel 2020 quasi 44 mila nuovi casi all’anno e oltre 51 mila nel 2030. Sono alcuni dei dati diffusi oggi a Milano, nel presentare un nuovo farmaco per combattere il carcinoma della prostata in fase avanzata. Come hanno spiegato gli esperti, in questo tipo di tumore gioca un ruolo fondamentale il testosterone, che agisce come fattore di crescita delle cellule tumorali. Nelle prime fasi della patologia il carcinoma viene trattato con la chirurgia, con la radioterapia e con i farmaci per ridurre i livelli di testosterone. Quando però le cellule del cancro si adattano ai nuovi livelli dell’ormone, la malattia ricomincia ad avanzare. Questo succede anche perchè il tumore comincia a crearsi da solo il testosterone di cui ha bisogno per crescere e svilupparsi. Il farmaco presentato oggi è basato su una molecola chiamata ‘abiraterone’, ed è in grado di bloccare un enzima specifico (CYP17): quest’ultimo è fortemente presente nelle cellule tumorali, ed è responsabile di alcuni passaggi chiave nella produzione proprio del testosterone. Il farmaco è indicato per i pazienti con tumore prostatico in fase avanzata metastatica. Secondo i dati di uno studio di fase III (quindi molto avanzato) pubblicati sul New England Journal of Medicine e su Lancet Oncology, il trattamento con abiraterone acetato riduce del 25% il rischio di morte nei pazienti che lo assumono; il vantaggio di sopravvivenza è del 40%, portandola a 15,8 mesi rispetto a 11,2 mesi di chi non assume questa terapia. Un risultato che i responsabili definiscono ”sorprendente” in una fase così avanzata della malattia. Infine, il farmaco ha mostrato ”anche un effetto importante per la qualità di vita dei pazienti: è emerso un effetto palliativo del dolore nel 45% dei casi, contro il 28% del gruppo di controllo. I pazienti con abiraterone – concludono gli esperti – hanno ritardato rispetto al gruppo controllo l’impiego di antidolorifici, con una differenza mediana di 8 mesi”.

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