Il 27 aprile del 1937 moriva Antonio Gramsci. Politico, pensatore, filosofo e giornalista, è stata una figura di spicco nella politica italiana del ‘900. Nato ad Ales, in Sardegna, nel 1891, all’età di trent’anni fu tra i fondatori del Partito Comunista d’Italia (PCd’I). Nel 1924 fondò il quotidiano l’Unità, che ancora oggi porta il suo nome accanto la testata. Divenuto segretario del Partito comunista d’Italia e deputato (1924), affrontò la questione meridionale, indirizzando la politica dei comunisti verso l’unione con i socialisti massimalisti. Criticò con forza lo stalinismo.
Per la sua attività politica venne condannato dal regime fascista di Mussolini a vent’anni di prigione. Durante la prigionia scrisse opere molto importanti, diventate un punto di riferimento per generazioni di politici in tutto il mondo: Lettere dal carcere e Quaderni del carcere hanno avuto inoltre grande rilevanza nella cultura italiana del dopoguerra. Ancora oggi sono testi di attualità, specialmente nei paesi del Sud America.
Per la statura dell’impegno intellettuale e politico, Antonio Gramsci viene considerato una delle figure più importanti del Novecento italiano. Morì a Roma dopo undici anni di prigionia, gravemente malato, per un’emorragia cerebrale.
La tomba di Gramsci, nel cimitero acattolico di Roma, presso Piramide, riceve ancora oggi numerose visite. Nel giorno dell’anniversario della sua morte avvengono spesso cerimonie in suo ricordo.