Una ricognizione a tappeto che ha coinvolto oltre 300 cluster galattici combinando differenti tipologie di dati: questa l’indagine condotta dai ricercatori dell’Università dell’Alabama per trovare nuovi indizi sull’energia oscura, entità che permea l’Universo e presenta ancora molti aspetti enigmatici. Lo studio, a cura di Andrea Morandi e Ming Sun, è stato pubblicato lo scorso 11 aprile sulla rivista scientifica “Monthly Notices of the Royal Astronomical Society”.
Per svolgere la ricerca su questa particolare energia, in rapporto all’espansione accelerata dell’Universo, e sviluppare una nuova metodologia di studio sono stati impiegati i dati dell’osservatorio a raggi X Chandra della NASA, del telescopio Planck dell’ESA e di numerosi telescopi ottici, tra cui lo storico Hubble. I ricercatori – spiega l’ASI – hanno utilizzato anche i dati dello Sloan Digital Sky Survey (SDSS), progetto con cui sono state realizzate mappe tridimensionali dell’Universo particolarmente dettagliate.
I cluster presi in esame si trovano a distanze in anni luce dalla Terra comprese tra un minimo di circa 760 milioni ed un massimo di oltre 8 miliardi, raggiungendo quindi l’era in cui l’energia oscura potrebbe aver causato l’accelerazione nell’espansione dell’Universo.
Elemento portante della nuova metodologia di studio è la somiglianza, sia nel profilo che nelle dimensioni, delle emissioni di raggi X prodotte dai cluster galattici. Nell’Universo questi ammassi sono le strutture più vaste tenute insieme dalla forza di gravità e quelli più massicci si presentano come versioni più ampie, in scala, di quelli meno massicci. In pratica, la forma dei cluster più piccoli è simile a quella dei più grandi (foto a destra): ecco perché i ricercatori li hanno paragonati alle matrioske, le caratteristiche bambole russe. La somiglianza delle emissioni di raggi X consente agli studiosi di mettere a confronto i cluster e determinare le loro distanzeattraverso miliardi di anni luce.
Gli ammassi diventano così degli specifici marcatori di distanzache possono essere utilizzati per misurare quanto velocemente l’Universo si stia espandendo a partire dal Big Bang. Secondo la teoria della relatività di Einstein, il tasso di espansione è determinato dalle proprietà dell’energia oscura cui si aggiunge la quantità di materia, costituita in buona parte dall’invisibile materia oscura.
I parametri cosmologici, quali le proprietà dell’energia oscura o la materia oscura, sono regolati in maniera tale da far apparire simili i cluster con masse e distanze differenti. Il procedimento impiegato è analogo a quello che si usa per calcolare il peso di un oggetto, aggiungendo o togliendo carichi noti finché la bilancia non raggiunge una situazione di equilibrio. L’energia oscura, secondo i ricercatori, non è cambiata nel corso di miliardi di anni e si comporta quindi come la costante cosmologica di Einstein.
L’utilizzo combinato di più fonti – i dati a raggi X di Chandra, quelli relativi alla radiazione cosmica di fondo di Planck e le osservazioni nell’ottico – ha fornito quindi alla comunità scientifica un nuovo strumento di indagine e ha permesso di compiere un ulteriore passo avanti in un settore di studi che presenta ancora molti interrogativi da risolvere.