Meteo Didattica: gli “Sting Jet”, le violente raffiche di vento associate ai cicloni extratropicali

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Con il termine “Sting Jet” si intendono quelle “correnti a getto discendenti” che originatesi in quota, fra l’alta e la media troposfera, giungono con intensità paragonabile a quella osservata in quota nei bassi strati (fino al suolo), nell’area post-frontale del ciclone extratropicale, causando violente raffiche di vento, della durata non superiore alle 3-4 ore, che spesso possono superare picchi di oltre 150-160 km/h. Lo “Sting Jet”, come dimostrato recentemente in diversi studi, è il principale responsabile delle violente tempeste di vento che a volte accompagnano il passaggio di un profondissimo ciclone extratropicale, particolarmente profondo, con valori che possono sprofondare al di sotto dei 960-950 hpa nel giro di 24 ore.

L'area in cui si localizza lo "Sting Jet"
L’area in cui si localizza lo “Sting Jet”

Difatti le tempeste di vento più distruttive che hanno interessato recentemente l’Europa, in modo particolare le Isole Britanniche, la Francia e gli stati dell’Europa centrale, come quella del 1987 in Inghilterra, pare che siano strettamente legate allo “Sting Jet”.

La parola “Sting”, che in inglese significa “aculeo”, sta ad indicare la tipica coda di nubi arricciate, ad uncino, che caratterizza le più intense depressione extratropicali che spesso, soprattutto fra il tardo autunno e la stagione invernale, si osservano sull’Atlantico settentrionale, fra le coste di Terranova, le coste meridionali groenlandesi e l’Islanda, con l’occlusione che viene interamente risucchiata dallo stesso minimo depressionario. Proprio in questi cicloni extratropicali così potenti si può sviluppare lo “Sting Jet”.

sting-jet-312x184Questo particolare fenomeno, ancora oggetto di studio e dibattito fra le scuole di meteorologia dinamica, si associa a cicloni extratropicali particolarmente esplosivi, che subiscono un rapido approfondimento a causa di forti avvezioni di vorticità nella media troposfera prodotte dall’ingresso del “getto polare”, con “Jet Streaks” (massimi di velocità del “getto”) particolarmente violenti, capaci di superare la soglia dei 260-300 km/h a circa 9000 metri di altezza.

Il ruolo del “getto polare” è fondamentale per lo sviluppo dello “Sting Jet”. Le violentissime raffiche di vento discendenti partono proprio da un flusso secondario della “corrente a getto polare” che si dirama molto velocemente verso i bassi strati, fino a raggiungere il suolo nell’area post-frontale. Lo “Sting Jet” si origina quasi sempre lungo il quadrante sud-occidentale di un profondo ciclone extratropicale, in rapido approfondimento.

La fase di sviluppo dello "Sting Jet"
La fase di sviluppo dello “Sting Jet”

Nella maggior parte dei casi lo “Sting Jet”, all’origine delle raffiche di vento più violente se non addirittura distruttive, si localizza appena a sud-ovest del profondissimo minimo barico, subito dietro il passaggio del fronte freddo, in aria fredda post-frontale. Come accennato il vento nasce in quota, fra l’alta e la media troposfera, in seno al flusso portante di un ramo del “getto polare” particolarmente potente.

Ma una volta che questo flusso, legato al ramo del “getto polare”, comincia ad entrare all’interno della spirale depressionaria esso raffreddandosi, divenendo sempre più denso e pesante, tende a discendere verso i bassi strati, accelerando ulteriormente, fino a raggiungere il suolo con raffiche davvero violente, che possono agevolmente toccare valori di ben 150-160 km/h.

untitledNei casi più estremi, in presenza di profondissime depressioni extratropicali alimentate da un poderoso “Jet Streak” nell’alta troposfera, si può arrivare anche ben oltre la fatidica soglia dei 200 km/h, con conseguente davvero devastanti, specie se i fortissimi venti sferzano aree densamente abitate, in contesti urbani. Parliamo di venti di intensità eccezionale, paragonabili alle correnti del “getto polare”. Bisogna pero sottolineare che queste violentissime raffiche di vento solitamente sono molto localizzate, e non estese.

Ciò spiega perché in molti casi i danni maggiori siano sempre circoscritti ad aree specifiche, mentre quelle circostanti magari subiscono pochi danni. Secondo recentissimi studi condotti da alcuni ricercatori dell’Università di Manchester, guidati dal professore David Schultz, gli “Sting Jet” pare siano propri delle depressioni descritte dal modello di Shapiro-Keysel, diverso dal classico modello norvegese.

sysrel_thw_850_4z_labelsLe depressioni trattate nel modello di Shapiro-Keysel sono quelle dove il fronte freddo e il fronte caldo non si incontrano mai, poiché il primo si muove ortogonalmente rispetto al secondo, finendo per invorticarsi intorno al minimo depressionario e producendo una “seclusione calda”. Inoltre sembra che gli “Sting Jet”, che nascono fra l’alta e la media troposfera, all’interno di un ciclone extratropicale piuttosto esplosivo, si possono attivare solo quando all’interno della suddetta circolazione depressionaria si assiste ad un temporaneo indebolimento dell’instabilità “baroclina”, interessando l’area che per prima sarà soggetta al processo di “frontolisi”, lì dove il “gradiente termico verticale” si fa più debole.

FIG1B_ASEU_12Curioso notare come, a differenza del nord Atlantico, gli “Sting Jet” non siano mai stati osservati all’interno dei profondi cicloni extratropicali del Pacifico settentrionale. Fra i più profondi cicloni extratropicali osservati sul nord Pacifico, con “gradienti barici orizzontali” davvero esplosivi, in nessun caso, fino ad oggi, è stata osservata l’ingerenza degli “Sting Jet”. Anche nelle tempeste di vento più violente che hanno spazzato il Pacifico nord-occidentale negli ultimi anni.

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