Morte precoce, malattie cardiache, tumori, infertilità: le conseguenze del disastro di Seveso sono ancora numerose

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Sono passati 40 dal quel primo vero disastro ambientale italiano, quello del Seveso, e la diossina continua ancora a mietere vittime. Era appena passato il mezzogiorno del 10 luglio 1976 quando nel reparto ‘B’ dello stabilimento Icmesa di Meda la temperatura di un reattore chimico per la produzione di un componente di diserbanti, anche a causa dell’afa, si alza sopra il limite dei 175°C. La valvola di sicurezza entra in funzione, evitando l’esplosione, ma rilascia all’esterno, per almeno mezz’ora una ”nuvola bianca” contenente circa due chilogrammi di diossina TCDD, una delle sostanze chimiche più tossiche. Il vento fa il resto, spingendola verso i comuni di Seveso, di Cesano Maderno, Desio e Meda.

Il primo segnale dei danni sono alcune pecore morte, poi i malesseri della  popolazione, con infiammazioni agli occhi e della pelle. Solo dopo giorni l’azienda ammette il guasto. Scatta finalmente l’allarme, ma si tratta di un incidente senza precedenti. Misurare la quantità di diossina rilasciata è impossibile: solo in seguito si saprà che gli abitanti di Seveso sono stati esposti a dosi di diossina da 10 a mille volte maggiori di quelle usuali. L’area di Seveso colpita viene suddivisa in zona A e B, secondo il grado di pericolosità ambientale. Ci vorrà il 24 agosto perché gli abitanti della zona A vengano fatti evacuare. Per precauzione vengono distrutte colture e abbattuti gli animali da cortile.

Un anno dopo i casi accertati di dermatite devastante sono oltre 200. Negli anni successivi, nella zona A il terreno inquinato verrà sostituito con terreni prelevati da zone non inquinate; nel 1981 gli impianti Icmesa verranno abbattuti e tre anni dopo nella zona sorgerà un parco urbano. Gli studi dei medici sulla popolazione, iniziati 15 giorni dopo l’incidente, sono continuati per decenni e continuano ancora. I risultati più recenti sono stati presentati nel corso di un convegno organizzato dai medici della Brianza a Seveso e hanno evidenziato che oltre alla correlazione tra diossina e tumori, in particolare per linfomi e leucemie, tra i contaminati è più alta rispetto ad altre zone l’incidenza di diabete e malattie cardiache ed il rischio di morte precoce per queste malattie. Tra gli abitanti più colpiti è stato registrato un aumento del 23% della mortalità precoce. E anche la fertilità ne ha risentito: come ha confermato Paolo Brambilla dell’Universita’ Milano Bicocca, i risultati degli studi hanno evidenziato “la marcata riduzione del rapporto tra il numero di maschi e femmine nei figli nati da padri esposti”. E negli uomini nati nei 10 anni successivi al disastro, è stata rilevata una fertilità fortemente ridotta.

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