Tutti gli occhi sono rivolti a Juno e al gigante gassoso: la sonda della Nasa alimentata a energia solare, proprio in questo 4 di luglio (EDT) si inserisce in un’orbita polare attorno a Giove. Dopo cinque anni di viaggio, è pronta quindi per iniziare la sua esplorazione del più grande pianeta del sistema solare grazie ad un equipaggiamento di prim’ordine, composto da 9 strumenti scientifici. Il JOI (Jupiter Orbit Insertion) è atteso tra poche ore (tutti i dettagli negli approfondimenti in basso a corredo dell’articolo): sarà uno dei momenti più delicati e pericolosi. Per 35 minuti la sonda accenderà il suo motore principale collocandosi in un’orbita polare, con un periodo di 11 giorni rispetto al pianeta gassoso.
L’Italia è a bordo grazie a due strumenti: il cuore di Juno sarà l’italianissimo con JIRAM (Jovian InfraRed Auroral Mapper), finanziato dall’ASI, realizzato da Finmeccanica e operato sotto la responsabilità scientifica dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali (IAPS) dell’INAF. Operante nel vicino infrarosso, lo spettrometro svolgerà indagini negli strati superiori dell’atmosfera gioviana, sarà in grado di rilevare l’eventuale presenza di metano, vapore acqueo, ammoniaca e fosfina e fornirà immagini delle aurore. L’altro componente italiano di Juno è KaT (Ka-Band Translator) uno strumento di radioscienza realizzato dall’Università La Sapienza di Roma, realizzato da Thales Alenia Space Italia sempre con il supporto di ASI.
Il countdown è ormai in corso: sono le ultime ore di viaggio. Quando entrerà nell’orbita di Giove la sonda verrà immersa nell’ambiente più ricco di radiazioni del Sistema Solare, bersagliata dall’equivalente di 100 milioni di radiografie. Sarà immersa nel gigantesco campo magnetico del pianeta, ed altre radiazioni giungeranno dalle particelle liberate dai vulcani della più interna delle lune di Giove, Io. Inoltre lo strato di idrogeno nascosto sotto le nubi di Giove, in condizioni di pressione incredibili, potrebbe comportarsi come un conduttore elettrico.
La schermature della sonda e la particolare orbita a ovale schiacciato sono state studiate dal team proprio per ridurre al minimo l’esposizione alle radiazioni e permettere al veicolo di sopravvivere il più a lungo possibile all’inospitale ambiente giovano e quindi raccogliere quante più informazioni durante la missione, la cui durata nominale è di 20 mesi.
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