Attualmente è l’olio vegetale più utilizzato al mondo (il 35% circa del totale). In Italia nel 2015 se ne sono importate, per usi alimentari, 386.000 tonnellate: praticamente la stessa quantità di 10 anni fa (nel 2005 erano infatti 325.000). Senza contare che circa il 25-30% di questo olio riprende poi la strada dell’estero, visto che i prodotti in cui viene utilizzato sono uno dei vanti del Made in Italy richiesti un po’ in tutto il mondo. E’ l’olio di palma, uno degli ingredienti di cui più si parla sul web (e non solo…), sia in termini di sostenibilità della sua produzione che di impatto sulla salute dell’uomo. Ma sarà davvero giusto tutto quello che leggiamo? I numeri, e le risposte ai tanti quesiti che ruotano intorno al palma, sono stati al centro dell’evento dal titolo “Olio di palma: oltre i pregiudizi”, organizzato a Milano dall’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile (realtà formata da Aziende attive in vari settori merceologici nei quali viene usato olio di palma).
All’appuntamento hanno partecipato Giuseppe Allocca (Presidente Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile) e gli esperti in nutrizione, Giorgio Donegani (Tecnologo alimentare e divulgatore scientifico), e tematiche della sostenibilità, Carlo Alberto Pratesi (Professore di Economia e Gestione delle Imprese al Dipartimento di Studi Aziendali dell’Università Roma Tre). “Abbiamo voluto organizzare un incontro con esperti di salute e sostenibilità perché ci tenevamo a eliminare alcuni dei pregiudizi che circondano l’olio di palma. Da più parti si diceva che non fosse possibile produrre questo ingrediente in modo sostenibile, invece oggi possiamo annunciare con orgoglio che tutte le aziende utilizzatrici di palma che aderiscono all’Unione usano solo olio di palma 100% certificato RSPO (Roundtable on Sustainable Palm Oil). Una scelta precisa – quella della certificazione – che va incontro alla via suggerita dalle grandi organizzazioni internazionali, come Greenpeace e WWF International, che continuano a considerare il palma come uno degli oli vegetali più sostenibili al mondo. E da qui ai prossimi 4 anni puntiamo ad adottare criteri di certificazione ancora più stringenti rispetto a quelli attuali già di alto livello. Dall’altra parte, sul fronte della nutrizione, c’è chi sostiene che il palma sia la principale fonte di assunzione di grassi saturi e per questo è pronto a demonizzarlo … ma in realtà i dati ci dicono che questo ingrediente contribuisce per meno del 20% della quantità di grassi saturi che assumiamo giornalmente. Il restante 80% viene invece da altri alimenti … oggi abbiamo deciso di fare proprio questo: chiarezza su questi punti!”, ha spiegato Giuseppe Allocca, Presidente dell’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile.
DA OLIO DI PALMA MENO DEL 20% DI INTAKE GIORNALIERO DI GRASSI SATURI
In questi mesi, olio di palma è stato soprattutto sinonimo di “impatto sulla salute”. Può essere consumato o fa male? Quali le quantità consigliate da assumere in una dieta bilanciata? E cosa sostiene davvero il parere EFSA? Giorgio Donegani, nel suo intervento, ha provato a rispondere a queste domande e a rassicurare i consumatori: “Quando si parla di olio di palma c’è una questione relativa all’apporto di grassi saturi che è importante chiarire. Sappiamo che questi grassi servono all’organismo, ma che non dovremmo assumerne troppi. Tra le accuse che si muovono al palma c’è proprio quella di contribuire in maniera eccessiva all’intake di saturi. Eppure non è così. Basta rifarsi ai dati di consumo più recenti, ossia quelli Inran 2005/6, per scoprire che la situazione è un po’ diversa. Sono dati che offrono una base ancora molto attendibile, visto che i consumi negli ultimi 10 anni sono rimasti pressoché stabili. Ebbene, quei dati ci mostrano che l’apporto di olio di palma rispetto al totale degli acidi grassi assunti nella dieta degli italiani è molto contenuto, meno del 20% del totale ovvero meno di 5g al giorno. Questo significa che il rimanente 80% dei grassi saturi che mangiamo viene da altri alimenti. Insomma, all’interno di una dieta bilanciata, l’olio di palma non presenta rischi per la salute”.
Ampio spazio è poi stato dedicato al recente parere dell’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), che ha esaminato la presenza di contaminanti che si possono venire a creare nelle fasi di raffinazione di tutti gli oli e grassi se sottoposti a temperature superiori ai 200°C. Anche su questo fronte, Giorgio Donegani ha provato a fare un po’ di chiarezza: “Diversamente da come è stato presentato da molti media, l’oggetto dell’indagine e del successivo rapporto EFSA non è stato l’olio di palma, ma la possibile tossicità di alcuni contaminanti che si possono formare in tutte le sostanze grasse in seguito a trattamenti cui vengono sottoposte. In questi ultimi 10 anni la comunità scientifica (dall’Istituto Mario Negri, fino all’Istituto Superiore di Sanità) e le autorità sanitarie hanno dato rassicurazioni sull’assenza di effetti tossici dell’olio di palma. A oggi, stiamo aspettando che la Commissione Europea dia delle indicazioni di comportamento rispetto al parere dell’Efsa. Fino a quel momento ci sentiamo di sposare il messaggio rassicurante fornito dall’AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro), la quale, proprio su questo argomento, chiarisce in sintesi che non c’è alcun motivo ragionevole per eliminare i cibi contenenti olio di palma…” (http://www.airc.it/cancro/disinformazione/olio-di-palma-cancerogeno )
QUELL’INVASIONE DI OLIO DI PALMA CHE NON C’E’ … PER USI ALIMENTARI, IN 10 ANNI VOLUMI STABILI
Accanto al tema alimentare, buona parte dell’incontro è stato dedicato a fare chiarezza sui reali volumi del mercato dell’olio di palma in Italia. Analizzando i numeri presentati si è scoperto che negli ultimi 10 anni i volumi complessivi di palma arrivato nel nostro Paese sono aumentati in totale in maniera rilevante, ma che le quantità utilizzate dall’industria alimentare sono rimaste praticamente costanti, dalle 325 mila tonnellate del 2005 alle 386 mila del 2015. A crescere – di molto – è stata la quota d’olio di palma importato per altri usi come per esempio, il biodiesel, l’energia, la cosmetica etc… Basta vedere che in Europa, sempre dal 2011 al 2015, l’olio di palma a uso industriale, diverso dall’alimentare, è cresciuto di quasi il +40%, passando da 2.310 a 3.100 milioni di tonnellate. “Questi dati – ha dichiarato Carlo Alberto Pratesi – dimostrano che non c’è stata, nel nostro Paese, nessuna invasione di olio di palma finito nei cibi che mangiamo, come continuano a ripetere i detrattori di questo olio vegetale, parlando addirittura di incrementi di 5 volte in un quinquennio…. Questa è solo una delle tante informazioni circolate in questo periodo e rivelatesi non vere. È invece importante sottolineare che oggi l’olio di palma rappresenta circa il 35% dell’intera produzione degli oli vegetali a livello globale, e i dati di crescita della popolazione mondiale, che la FAO stima in un +34% da qui al 2050, fanno pensare che questi consumi di palma siano destinati a crescere ancora”.
Ultimo spunto affrontato è stato quello della sostenibilità dell’olio di palma, su questo punto Pratesi, rispondendo alle domande, ha chiarito il reale uso di pesticidi nella produzione di questo ingrediente: “Il palma è virtuoso anche nell’uso di pesticidi, basti pensare che ne richiede meno di 2Kg a tonnellate, mentre il girasole ne usa 6kg a tonnellata, il colza 11kg a tonnellate e addirittura 29kg per tonnellata nel caso della soia”.