Salute: studio, per la prima volta pressione alta più diffusa in Paesi poveri

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Per la prima volta nella storia, la pressione alta colpisce di più le aree più povere del mondo invece di quelle più ricche. Le persone che vivono nei Paesi a basso e medio reddito hanno, infatti, una maggiore prevalenza di ipertensione rispetto ai residenti nei Paesi ad alto reddito, secondo una nuova ricerca pubblicata sulla rivista ‘Circulation‘, edita dall’American Heart Association. 

L’ipertensione è un importante fattore di rischio di malattie cardiache e ictus, così come la principale causa evitabile di morte prematura e disabilità. Il nuovo dato emerge da una metanalisi su oltre 968.000 partecipanti provenienti da 90 Paesi (coinvolti in oltre 130 studi precedenti) e relativa al 2010: gli esperti della Tulane University di New Orleans hanno calcolato che più del 30% degli adulti in tutto il mondo, pari a 1,4 miliardi di persone, ha valori pressori troppo alti e che il 75% di loro vive in aree a basso e medio reddito.

Nel dettaglio, il 28,5% (349 milioni) degli adulti nei Paesi ad alto reddito e il 31,5% (1,04 miliardi) nei Paesi a basso e medio reddito soffrono di ipertensione. I valori di prevalenza della malattia sono diminuiti del 2,6% nei Paesi più ricchi, mentre sono aumentati del 7,7% in quelli poveri, tra il 2000 e il 2010.
Ci sono molte cause per queste disparità, spiegano gli autori: “L’invecchiamento della popolazione e l’urbanizzazione anche nelle zone più povere della Terra, spesso accompagnate da stili di vita non sani come l’elevato consumo di sale, le diete ricche di grassi e calorie e la mancanza di attività fisica, sono alcune di queste”.

I sistemi sanitari di molti di questi Paesi – aggiungono – non hanno le risorse per trattare l’ipertensione e tenerla sotto controllo, anche perché spesso è asintomatica ed è difficile avviare regolari programmi di screening per la prevenzione. L’ipertensione – concludono gli esperti – deve essere una priorità di salute pubblica per prevenire future malattie cardiovascolari e renali, e le conseguenti spese economiche per la società. E’ necessaria una collaborazione fra autorità nazionali e internazionali per sviluppare programmi innovativi e convenienti per prevenire e controllare questo disturbo“. (AdnKronos)

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