“Noi ci crediamo. Crediamo nell’olio di palma di qualità e sostenibile, crediamo che oggi sia un prodotto fondamentale per la qualità dei nostri prodotti, sennò avremmo potuto benissimo cambiarlo. Il rispetto per il consumatore ci porterebbe a ritirare un prodotto dal mercato. Ferrero fa così”. A parlare è Alessandro d’Este, presidente e amministratore delegato di Ferrero Commerciale Italia, che entra nell’acceso dibattito su un ingrediente oggi costantemente sotto i riflettori, spiegando le scelte dell’azienda su questo fronte.
Una scelta definita dal manager “controcorrente“. “Abbiamo sempre tenuto un profilo molto basso nei confronti del pubblico, ma vogliamo dire anche noi la nostra. Siamo un’azienda che fa circa 10 miliardi di fatturato, è presente in gran parte dei Paesi del mondo ed è in grande crescita a livello globale, fiore all’occhiello dell’italianità e con un’alta reputazione. E ci mettiamo la faccia”, assicura l’Ad chiarendo anche il senso dell’evento promosso da Ferrero oggi a Milano. Un convegno dal titolo ‘Olio di palma: una scelta responsabile, basata sulla scienza’, che diventa occasione per fare chiarezza anche sulle scelte aziendali in merito. In un anno speciale per Ferrero: quello in cui ricorrono i suoi 70 anni. Ma anche in un contesto in cui si sente sempre più spesso parlare di prodotti senza olio di palma. Perché parlare ora? “Per la responsabilità che abbiamo nei confronti dei nostri consumatori – dice d’Este – Li sentiamo spaventati, incerti, si domandano che cosa devono scegliere e sono in qualche modo disorientati dalla comunicazione, non sempre trasparente. Di fronte a una ‘cultura del senza’ che si sta un po’ imponendo oggi, vorremmo parlare più di quello che c’è dentro i prodotti“. “Perché -aggiunge- dire soltanto che mancano una serie di cose, non vuol dire di per sé che ciò che viene messo dentro un prodotto ha qualità. Noi pensiamo che il nostro olio di palma sia diverso. Lo utilizziamo da 50 anni e da più di 10 stiamo facendo delle analisi molto specifiche, le stesse condotte dall’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare, ndr), e questo ci garantisce di essere più avanti”.
“Noi crediamo nel rispetto del consumatore e nella qualità e non siamo disposti a fare compromessi su questo – incalza d’Este – Siamo convinti che l’olio di palma abbia delle caratteristiche molto particolari che conferiscono qualità ai prodotti ed esaltano i sapori degli altri ingredienti. Si tratta di un olio che garantisce anche la stabilità nel tempo. A monte, i frutti della palma da olio sono i prodotti naturali che hanno la più alta quantità di vitamina A al mondo. Questa presenza di antiossidanti rende il prodotto stabile nel tempo, quindi garantisce una maggiore resistenza all’inacidimento”. E con l’obiettivo di “festeggiare i 70 anni” dell’azienda e di “comunicare maggiormente”, quest’anno sono in programma diverse iniziative in cui, preannuncia d’Este, “parleremo delle nostre materie prime, dal cacao alle nocciole di cui siamo i maggiori produttori al mondo e utilizzatori. A fine novembre apriremo le porte del nostro stabilimento di Alba alle visite. Ma la qualità – assicura – si fa partendo dalla selezione delle materie prime, andando in giro per il mondo, essendo disposti a pagarle di più”. Altro elemento “i controlli continui”. “Curiamo – evidenzia d’Este – tutta la tracciabilità del prodotto, dalla selezione delle piantagioni ai momenti in cui viene raccolto, poi processato nelle sue fasi industriali, segregato fisicamente – separato da tutte le altre produzioni – e poi portato in casa nostra per le ultime fasi, come quella della ‘deodorazione’, processo che facciamo alle più basse temperature possibili e che consente di avere una qualità di prodotto che riteniamo distintiva“.
Sostenibilità
Infine la sostenibilità: “Abbiamo tre direttrici – elenca d’Este – Aderiamo a Rspo (Roundtable on Sustainable Palm Oil) che conferisce certificazioni a garanzia, per esempio, che i prodotti non vengano da territori deforestati attraverso combustione. Questi standard definiscono anche la segregazione fisica del prodotto rispetto ad altri oli. Il secondo step è stato poi l’adesione al Poig (Palm Oil Innovation Group), di cui realtà come Greenpeace e Wwf sono fra i promotori. Ferrero è una delle poche realtà industriali che ne fanno parte e siamo considerati una ‘best practice‘”. Ad oggi il Poig, spiega durante il convegno Chiara Campione, senior corporate campaigner di Greenpeace Italia, “ha 16 membri e si pone come obiettivo quello di spezzare il legame tra la produzione dell’olio di palma e la deforestazione, l’accaparramento delle terre e la negazione dei diritti di lavoratori e comunità locali”. Si punta, aggiunge d’Este, “a rafforzare maggiormente il controllo della filiera, per produzioni di olio di palma sostenibili, da comunità di contadini locali”. Il terzo elemento per la sostenibilità, prosegue l’Ad, sono “i nostri standard interni di qualità più restrittivi rispetto alle regole di mercato. Per l’olio di palma abbiamo un decalogo con cui ci imponiamo per esempio di rispettare le produzioni locali e favorire il rapporto con i piccoli produttori, da cui proviene oltre il 40% del nostro olio di palma. E ancora, ci assumiamo la responsabilità che si rispetti un uso non invasivo di fertilizzanti“.
Oggi Indonesia e Malesia rappresentano circa l’83% della produzione mondiale di palma, “una delle risorse agricole più remunerative nelle regioni tropicali umide, e lì la sua coltivazione ha trasformato gli stili di vita e l’ambiente, favorendo al contempo lo sviluppo agricolo – riferisce Alain Rival, del centro studi francese Cirad – Il settore sta vivendo un processo di intensificazione ecologica tale da cercare di produrre maggiori quantità per unità di superficie coltivata, minimizzando al tempo stesso l’impatto”. Gli esperti toccano anche il tema del rapporto fra alimentazione e salute: la preparazione di alcuni alimenti, spiegano, richiede l’utilizzo di grassi con specifiche caratteristiche. “Le sostanze grasse da scegliere come ingredienti o legate ai processi di trasformazione è bene sceglierle tenendo conto della loro stabilità all’ossidazione“, sottolinea Giovanni Lercker, docente dell’Alma Mater Studiorum – università di Bologna (Dipartimento di Scienze e tecnologie agro-alimentari). Quanto alla “relazione tra il consumo di acidi grassi saturi e il rischio di malattie cardiovascolari, questa è stata messa in discussione”, fa notare Elena Fattore, ricercatrice dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano. “In nessuno degli studi recenti, infatti, è stata confermata relazione causale. La campagna denigratoria sull’olio di palma, basata sul fatto che contiene una percentuale maggiore di acidi grassi saturi rispetto ad altri oli vegetali, non ha riscontro nell’evidenza scientifica”. Di contro, conclude Claudio Bosio, preside della Facoltà di psicologia dell’università Cattolica di Milano, “la promessa ‘senza olio di palma’ sembra limitarsi a una dichiarazione di fatto, ma sul piano pragmatico, tipico della comunicazione sociale, l’enfasi sul ‘non contiene’ evoca e rafforza l’idea che l’ingrediente sia cattivo”.