I fasci di luce permetteranno di fiutare le tracce di vita su Marte anche a centinaia di metri di distanza. Protagonista della missione sarà Bili (Bio-Indicator Lidar Instrument), una specie di radar a luce ultravioletta, messo a punto al Goddard Space Flight Center della Nasa e segnalato anche dall’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) sul suo sito. La sua tecnologia è nata in ambito militare per rilevare possibili armi chimiche e tossine in luoghi pubblici, ma non è mai stata utilizzata nell’esplorazione planetaria.
Bili utilizza lo stesso principio di base del radar,ma anziché emettere delle onde radio o delle microonde, emetterà un fascio di luce laser pulsata in banda ultravioletta. L’informazione che gli torna indietro sarà rimbalzata da molecole organiche. Per questo motivo la Nasa vuole sfruttare Bili per indagare riguardo la presenza di vita nell’atmosfera marziana: il radar è infatti in grado di captare la presenza di molecole organiche anche a centinaia di metri di distanza. Per prima cosa inizià a scandagliare il terreno in cerca di sbuffi di polvere, una volta trovati li colpisce con la luce ultravioletta dei suoi due laser ad emissione pulsante, che induce nelle particelle colpite un effetto di fluorescenza. Analizzando la fluorescenza, i ricercatori riescono a risalire alla presenza di molecole organiche e alla loro dimensione. “Se ci sono biofirme, possono essere rilevate nella polvere”, assicura Branimir Blagojevic, coordinatore del progetto. Bili, rispetto ad uno spettrometro di massa a bordo di un lander, ha il vantaggio di essere meno invasivo non avendo rischio di contaminazione, inoltre le sue componenti non soggette a deterioramento e può perlustrare un’ampia area.