”Non è una balaustra che salva la fede, ma stare vicine al nostro popolo, al quale siamo consacrate e al quale torneremo”. Suor Laura Cristiana Girometti, 39 anni, monaca clarissa da quando ne aveva 20, sogna un modulo abitativo, insieme alle 6 sorelle sopravvissute al crollo del convento trecentesco di Santa Chiara a Camerino. Il convento, ristrutturato dopo il terremoto del 1997, è stato quasi completamente distrutto dal sisma del 26 ottobre.
”Con la prima scossa delle 19:11 è andata via la luce, sono cadute le pietre, un pezzo delle scale, – racconta all’ANSA suor Laura -, ma io e le sorelle più giovani siamo riuscite a salire al primo piano, e a portar giù a braccia la madre badessa, suor Chiara Laura, che è allettata, e la nostra sorella più anziana, 95enne”. Alle 21:18 la seconda scossa, di magnitudo 5.9. ”Sembrava l’Apocalisse, camminavamo sui detriti, cercavamo di aprire la porta ma le onde sismiche erano così forti che la porta si spostava davanti a noi. Ero come impietrita. All’improvviso mi sono ricordata che in foresteria ospitavamo due pellegrini della via Lauretana: li abbiamo fatti uscire, ci siamo rifugiati in macchina. Pioveva, l’auto non partiva … una paura tremenda”.
Un caso analogo a quanto accaduto a Norcia, il 30 ottobre, quando un convento si sgretola alle spalle, in una delle tante ‘zone rosse’ dell’Appennino. ”Abbiamo lasciato lì i nostri ‘tesori’, l’urna con i resti della Beata Camilla da Varano, la nostra santa”, una figlia illegittima di Giulio Cesare da Varano, il signore di Camerino, che ”fece ampliare il monastero nel ‘400” e costruire alcune delle torri di avvistamento della vallata. ”L’urna – ricorda suor Laura – l’avevamo spostata nel salone della Crocifissione, sotto gli affreschi, ma una parete è venuta giù, anche se Camilla ci ha salvato”.
La chiesa ”è stata sventrata, le campane suonavano a distesa sotto le scosse, ma non possiamo accusare nessuno: i lavori fatti nel ’97 hanno evitato il collasso della struttura, e il cordolo fissato all’altezza del cornicione ci ha concesso il tempo di fuga” le hanno spiegato i pompieri. Da una settimana le sei monache di clausura vivono nella foresteria delle clarisse di San Severino Marche, anche se ”pure il loro monastero ha subito danni”. Ma suo Laura vuole ”assolutamente tornare a Camerino: Ci basta un modulo con un po’ di spazio per noi e per una cappella, possiamo metterlo nel nostro giardino”. ”Vogliamo stare con la nostra Santa e la nostra gente, casa nostra è quella. Tornare è un segno di speranza, è fare il nostro lavoro nella ricostruzione, che non sarà solo materiale, ma psicologica, interiore”. ”Le clarisse appartengono all’Ordine di San Francesco e Santa Chiara, siamo un ordine mendicante, consacrato per il popolo e del popolo, e il popolo ha bisogno anche di noi”. In queste ore sono tantissime le attestazioni di solidarietà: la monaca invia ai fedeli mail e foto del monastero terremotato (”internet non funziona tanto bene qui”) e riceve molti messaggi di vicinanza. ”Sono sicura che il Signore ci fara’ la grazia. Gli ho detto ‘io cerchero’ di fare la mia parte, tu pero’ fai la Tua”’.