Viene declassata a malattia ‘banale’ dai genitori, che spesso non sono neanche a conoscenza dell’esistenza – da decenni – di un vaccino. Ma lo sguardo di mamma e papà sulla varicella cambia drasticamente quando i rampolli di casa la sperimentano di persona e, ancora di più, quando capita che il piccolo finisca in ospedale per via di complicanze, che purtroppo possono insorgere anche nei bimbi sani, nel 3-5% dei casi. Un’esperienza che ‘lascia il segno’, e spesso non è solo una cicatrice sulla pelle, come testimonia il vissuto di 500 genitori che hanno avuto i figli ricoverati per la malattia, protagonisti di un’indagine condotta da Datanalysis e presentata oggi a Milano durante un incontro promosso da Gsk. Genitori che raccontano di livelli elevati di disagio provato in quei giorni (65,2% degli intervistati) e di preoccupazione (pari in media a 7 su una scala da 1 a 10) per lo stress che l’esperienza ha provocato al bambino e alla famiglia in generale, con l’aggravante della perdita di giorni di lavoro e difficoltà organizzative. Il 77,8% dei bambini oggetto della ricerca ha sperimentato il ricovero (suggerito per il 52% dal pediatria di famiglia) prima dei 5 anni, per complicanze dermatologiche (61,4%), infettive come le sovrainfezioni batteriche (polmoniti e così via), e neurologiche come meningiti, encefaliti e atassia cerebellare.
Dall’indagine emerge che il 96,8% dei baby-pazienti finiti in ospedale non era stato vaccinato. Anche perché solo l’8,9% dei genitori era a conoscenza dell’esistenza dell’iniezione scudo. E la scelta di non farla fare al proprio figlio è stata motivata nella maggioranza dei casi – 53,5% – da un timore dei vaccini in generale, e nel 37,2% dal fatto che “non è un vaccino obbligatorio”. Dopo l’esperienza vissuta, però, 2 su 3 (67,2%) consiglierebbero alle altre mamme di vaccinare i propri figli. Esperti, iniezione scudo taglia complicanze e ospedalizzazioni, lo dimostrano dati Regioni pilota “Ma a rendere bene l’idea dell’importanza della vaccinazione sono i numeri – spiega Giovanni Gabutti, professore ordinario di Igiene e medicina preventiva dell’università degli Studi di Ferrara – Le stime ci dicono che prima delle campagne di immunizzazione, la varicella ogni anno colpiva circa 500 mila persone in Italia, in 4 casi su 5 nella fascia 0-14 anni. Oggi la situazione è molto diversa, come mostrano i dati che ci arrivano dalle Regioni che hanno implementato il vaccino in offerta attiva e gratuita, inserendolo nei loro calendari vaccinali, e che testimoniano una significativa riduzione del numero di casi con complicanze e ospedalizzazioni, oltre al più generale contenimento della morbosità della malattia”. La varicella è altamente contagiosa, fa notare la pediatra del Policlinico – università degli Studi di Milano, Susanna Esposito, presidente dell’Associazione mondiale per le malattie infettive e i disordini immunologici (Waidid). “Si sono verificate situazioni in cui una donna gravida con varicella ha infettato anche i professionisti entrati in contatto con lei al momento dell’assistenza ospedaliera, ostetriche piuttosto che infermiere che poi a loro volta, ignare di averla contratta nel giorno prima della comparsa dell’esantema, l’hanno trasmessa ai neonati ospitati nel nido della struttura”, racconta