“Era un uomo libero”. “Nessuno come lui”. Lo ripetono tutti gli scienziati che hanno lavorato in questi anni al fianco dell’oncologo ed ex ministro della Sanità, Umberto Veronesi. Lo dice Chiara Tonelli, prorettore alla Ricerca e docente di Genetica all’università degli Studi di Milano, e presidente del Comitato scientifico della Fondazione Veronesi, che parla di “vuoto incolmabile”. Le fa eco Pier Giuseppe Pelicci, direttore Ricerca dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, che sottolinea: “Ci ha insegnato a essere liberi nella scienza e nella vita”. E lo ripete con insistenza Stefano Zurrida, oncologo che per anni è stato al fianco di Veronesi: “Non esiste un suo erede. Tutti quelli che si spacciano per eredi di Veronesi sono dei falsari. Non può esistere un uomo come lui. Non si può prendere un ruolo come quello che aveva Umberto. Un grande uomo, uno dei grandi visionari. Nessuno dopo di lui”. “Ci mancherà tanto – spiega Tonelli entrando con Pelicci nella casa dell’oncologo – Era un grande uomo e un difensore della scienza e dei diritti di tutti noi. Non so se ne troveremo un altro. Ha portato a rendere ciascuno di noi consapevole del fatto che si può vincere” il cancro “e poi ha portato la persona al centro di tutto. Non metteva al centro la malattia, ma la persona. Aveva tantissimo coraggio, e si sa che se uno è coraggioso e ottimista, ha una marcia in più per combattere qualsiasi cosa. Infondeva ottimismo”.
Anche saper ascoltare è stato uno dei suoi insegnamenti, dicono i camici bianchi. “Nel lavoro – ricorda Pelicci – credo di aver bisticciato con poche persone come con Umberto, ma non ho mai avuto un veto. Chi vinceva? Nessuno dei due, si andava avanti. Discutevamo sulle strategie, su come innovare. Era bello. Umberto era una persona che ascoltava e ha insegnato ad ascoltare. Certamente questo percorso va avanti, come diceva lui, indipendentemente da lui. Ci ha incoraggiato a perseguire questa strada e questa strada andrà avanti”. Zurrida si definisce “un figlio adottivo, cresciuto con Veronesi”. “Per 52 anni – dice – ho fatto con lui tutto il percorso della sanità. Mi sono laureato e mi sono trasferito all’Istituto nazionale tumori di Milano. Nell’86, quando lui ebbe l’idea di creare l’Istituto europeo di oncologia, l’aiutai nella parte pratica e organizzativa. Sono rimasto suo aiuto sempre. E’ un uomo straordinario, di una cultura enorme”. E poi c’è il ricordo di Veronesi ministro della Sanità: “Ero suo segretario particolare – ripercorre Zurrida – Non capiva niente di politica, però poi è diventato un bravo politico. Io invece sono cresciuto nella politica. Un uomo eclettico: parlava di religione e di scienza, di ricerca e aborto, di tutti i problemi, con una lungimiranza enorme. Sapeva che rimaneva ministro un anno e due mesi, però pensava la sanità in un modo totalmente diverso da quello che fanno i nostri politici adesso. Adesso occupano la poltrona, lui invece sapeva che la sanità deve essere programmata. La sua fortuna era vedere vent’anni dopo. E questo è l’insegnamento che mi ha lasciato. Capire che prima o poi tutti noi dobbiamo andare via”, aggiunge commosso. “E oggi – conclude – io gli ho baciato le mani come gliele ho baciate tutti i giorni di quest’ultimo periodo”. Il pensiero di Zurrida va anche alla moglie di Veronesi, Sultana Razon: “Una persona eccezionale, gli è stata vicino sempre, in tutti i giorni e tutti i minuti in cui lui in questi ultimi tempi era a letto”.