Farmaci per l’epatite C a ruba. Nel vero senso del termine. I ladri di medicinali tornano a colpire nelle farmacie ospedaliere ma per adesso i più richiesti sono quelli anti Hcv. La denuncia arriva dalla Società italiana dei farmacisti ospedalieri (Sifo), nel corso dell’incontro “Innovazione nella logistica del farmaco e dei dispositivi medici: tracciabilità, sicurezza e sostenibilità”, al 37.esimo congresso di Milano. “I furti che dal 2014 erano stati azzerati grazie all’impegno di Aifa, Nas, ministero della Salute e dell’intera filiera, nel 2016 sembrano essere ricominciati, seppure in misura ridotta – spiegano – Il fenomeno riguarda soprattutto i nuovi farmaci per l’epatite C che, essendo costosissimi, sono diventati oggetto di interesse. Sono rubati da trafficanti che alimentano il mercato nero nazionale o estero, fornendo direttamente i pazienti che vengono avvicinati attraverso social forum e canali web”. La prevenzione ha comunque dato i suoi frutti: nel 2016 sono stati 7 i casi di furti di medicinali. Molti meno rispetto ai 53 furti del 2013 e ai 37 del 2014. In lieve ripresa anche i furti durante il trasporto: da gennaio ad oggi si sono registrati 36 casi, due in più rispetto ai 34 del 2015, ma ancora al di sotto dei 64 episodi del 2013. I furti di interi tir, invece, sono diminuiti. Nel periodo del boom di furti di medicinali, l’assalto ai camion in Italia era 10 volte maggiore a quello della media europea. Nel 2013 erano 15 i tir di farmaci rubati (il 20% del totale). Nel 2015, invece, solo 4 su 69 (il 3% del totale). Dati in linea con quelli europei: per i Tapa-Psi il 2% dei furti di tir riguarda i medicinali. Al primo posto tra i più rubati per numero di confezioni l’Efferalgan con 180.103 pezzi, Dibase con 67.845 e Fenextra con 32.538 pezzi. “La banca dati furti di Aifa – spiega il direttore dell’Ufficio qualità dei prodotti e contrasto al crimine farmaceutico dell’Agenzia italiana del farmaco, Domenico Di Giorgio – è stata istituita a fine 2013 e vi aderiscono numerosi soggetti come il ministero della Salute, i Nas, le associazioni dei titolari autorizzazione di immissione al commercio, dei distributori, dei depositari e altre amministrazioni e strutture pubbliche italiane ed estere, inclusi alcuni ospedali. Questi ultimi segnalano ad Aifa, con un modulo standard e un indirizzo mail dedicato, gli eventi di furto”. “L’obiettivo della banca dati – aggiunge – è rendere velocemente disponibili le informazioni su furti e smarrimenti di medicinali. Una conoscenza indispensabile per lo studio e l’approfondimento di trend e punti deboli del sistema e per la definizione di misure in termini di prevenzione. La nota dolente – precisa – è che finora solo quattro ospedali hanno condiviso con Aifa i dati relativi ai furti subiti”. Ma per combattere i ladri in azione nelle farmacie ospedaliere arriva Padlock 2.0: la prosecuzione del progetto Padlock, utilizzato due anni fa dai farmacisti ospedalieri per mettere a punto le linee guida sulla sicurezza. Tra gli aggiornamenti previsti, un certificato di eccellenza per gli ospedali che rispondono ai requisiti anti-furto, consulenze per le strutture che ancora non hanno un livello di sicurezza ottimale e uno studio ad hoc per tre ospedali più esposti al rischio di furti. “Con Padlock 2.0 prosegue l’impegno di Sifo – dichiara il presidente Marcello Pani – per prevenire i furti nelle farmacie ospedaliere, per garantire ai cittadini e ai pazienti l’utilizzo di farmaci efficaci e sicuri, conservati correttamente, di origine sicura e tracciabilità completa”. Nel corso dell’incontro, Sifo ha presentato MiVaLogFa, il progetto che punta a efficientare la gestione delle scorte dei farmaci non solo abbattendo i rischi di furto ma anche migliorando l’intera logistica. “Si tratta di un cruscotto aziendale – spiega Maurizio Da Bove, docente dell’Università Bocconi ed esperto di logistica – che permette di controllare il livello delle scorte o dei medicinali in scadenza. Questo aspetto se non monitorato al meglio può incidere sui costi: ci sono farmaci che costano poco come l’aspirina ma altri possono costare 3 mila euro. E se realtà sanitarie eccellenti, come Toscana ed Emilia-Romagna, utilizzano da tempo pratiche avanzate che permettono loro di contenere il fenomeno dei farmaci scaduti entro la soglia del ‘fisiologico’, ci sono altre realtà in cui questa soglia è 4-6 volte tanto, arrivando al 2-3%”.