Il governo giapponese ha deciso la chiusura del reattore nucleare autofertilizzante di Monju, nella prefettura di Fukui, dopo una serie di incidenti che ne hanno precluso la sicurezza. Il provvedimento ha tuttavia provocato le critiche del governatore Issei Nishikawa, a causa dei mancati piani per il riprocessamento del combustibile dopo lo stop dell’impianto. Il ministro della Scienza Hirokazu Matsuno e il ministro dell’Industria Hiroshige Seko hanno spiegato che i tempi per riavviare la centrale, attualmente spenta, sarebbero di circa 8 anni con costi superiori ai 4 miliardi e mezzo di dollari. Il governo di Tokyo vuole invece promuovere la costruzione di un nuovo reattore in cooperazione con la Francia.
Il governatore della prefettura di Fukui, a 500 chilometri a ovest di Tokyo, ha accusato l’esecutivo di non aver discusso le modalità attraverso le quali avverrà lo smantellamento del reattore autofertilizzante e la gestione della ‘radioattivazione’ dei suoi componenti. “Domando espressamente una revisione del piano del governo”, ha detto Nishikawa, aggiungendo che l’Agenzia nazionale dell’energia atomica, che supervisiona l’impianto, non ha le competenze per completare il processo di smantellamento, essendo stata estromessa dalla gestione della centrale lo scorso anno dall’ente centrale di regolamentazione, a seguito delle numerose anomalie nel funzionamento del reattore sperimentale avvenute nel 2012, e la periodica alternanza di incidenti, a partire dal 1995, quando una fuga di sodio dal circuito primario causò la chiusura dell’impianto per un totale di 15 anni.