I batteri degli oceani possono vivere anche in acque che si pensavano ‘morte’, dove i livelli di ossigeno tendono a zero. Lo afferma uno studio guidato da Emily Zakem, dell’Istituto di Tecnologia del Massachusetts (Mit), e pubblicato sulla rivista Limnology and Oceanography. Secondo la ricerca i batteri possono respirare anche con concentrazioni 10mila volte inferiori a quelle necessarie a pesci più piccoli e questi nuovi dati sono preziosi per capire come cambieranno gli oceani. In alcune zone del mare, in genere tra i 200 e 1000 metri di profondità, si possono formare in modo naturale delle ‘zone morte’, ossia dei luoghi dove il livello dell’ossigeno scende quasi a zero e quindi mortali per moltissime forme di vita. L’ossigeno viene solitamente eliminato attraverso una serie di reazioni chimiche dovute alla presenza in superficie di acque molto ricche di ossigeno e quindi di pesci e altre forme di vita.
Si tratta di una vitalità che tuttavia produce molti residui organici e materiale in decomposizione che scivolando verso il basso porta alla riduzione dell’ossigeno presente nelle acque più profonde. Si tratta di un fenomeno naturale e temporaneo, che può avere enorme impatto sugli ecosistemi marini su scala mondiale, soprattutto considerando il progressivo riscaldamento dei mari che accrescerà sempre di più questo meccanismo. In tutto questo un elemento fondamentale sono i batteri, in particolare la loro resistenza negli ambienti poveri di ossigeno. Effettuando dei test in laboratorio i ricercatori hanno scoperto che la maggior parte dei batteri marini riesce a resistere alla mancanza di ossigeno molto di più rispetto a quanto si stimava finora. Molti batteri possono vivere con concentrazioni 10mila volte inferiori a quelle necessarie ai piccoli pesci e mille volte meno di quanto si ritenesse.