Un difetto nella capacità di generare i mitocondri, le ‘centrali energetiche’ della cellula, è stato associato alla distrofia muscolare dei cingoli in uno studio firmato da un gruppo di scienziati dell’università Statale di Milano e pubblicato su ‘Cell Reports’. Nel lavoro il team coordinato da Emilio Clementi e Clara De Palma, del Dipartimento di scienze biomediche e cliniche Sacco e dell’Asst Fatebenefratelli-Sacco del capoluogo lombardo, in collaborazione con gli Irccs Medea (Bosisio Parini, Lecco) e Santa Lucia (Roma), ha anche testato con successo nuove possibili terapie contro la malattia, alternative o complementari al trattamento classico a base di farmaci corticosteroidi.
La capacità di generare mitocondri in un processo chiamato biogenesi mitocondriale – spiegano dall’ateneo meneghino – è un importante meccanismo compensativo per rispondere a mutate esigenze bioenergetiche, per esempio l’adattamento al freddo o, nel caso del muscolo scheletrico, all’esercizio, con conseguente avvio di processi di rimaneggiamento tissutale e di bioenergetica. Ora i ricercatori hanno identificato un collegamento tra la distrofia muscolare dei cingoli, nota come Limb Girdle Muscular Dystrophy (Lgmd-2d), e un difetto nel processo di generazione dei mitocondri, che determina un numero ridotto di questi organelli e una minore capacità ossidativa (energetica) del muscolo. Basandosi su questa osservazione, gli studiosi hanno sperimentato a livello preclinico 2 diversi approcci farmacologici che, attraverso l’azione sull’attività dell’enzima tricostatina A e della proteina Pgc1a mediante ossido nitrico, intervengono proprio sulla modulazione dell’omeostasi mitocondriale.
“Entrambi gli approcci determinano un simile miglioramento funzionale del muscolo scheletrico, pur agendo con meccanismi diversi”, sottolineano gli scienziati. In particolare – precisano dall’università degli Studi milanese – la tricostatina A cambia l’assemblaggio della cromatina a livello del promotore di Pgc1a, incrementandone i livelli di espressione e ripristinando il processo di biogenesi mitocondriale; ciò comporta un aumento del numero di mitocondri e delle fibre ossidative all’interno del muscolo. Diversamente, l’ossido nitrico riduce il livello di acetilazione di Pgc1a senza cambiarne i livelli di espressione; ciò aumenta l’ossidazione degli acidi grassi e migliora significativamente la capacità ossidativa del muscolo. “I dati – concludono gli autori – dimostrano l’importanza dell’omeostasi mitocondriale nella distrofia muscolare e come la sua modulazione possa rappresentare un’interessante opzione terapeutica in grado di agire direttamente sul muscolo distrofico. Questo risultato appare di particolare interesse nella distrofia muscolare dei cingoli come possibile alternativa alla terapia classica a base di corticosteroidi o come supporto”.