Sulle tracce dell’ultima dimora dell’imperatore Augusto

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Di una cosa sono certi archeologi giapponesi ed archeologi italiani impegnati nello scavo della Villa romana in località Starza della Regina, nei pressi di Somma Vesuviana (Napoli): se non si tratta della Villa di famiglia della Gens Octavia, dove morì l’ imperatore Ottaviano Augusto nell’estate del 14 d.C., si tratta comunque di uno straordinario esempio di Villa patrizia della prima età imperiale. Un sopralluogo a Starza della Regina è stato compiuto ieri dal prof. Satoshi Matsuyama, della Imperial University di Tokio, che finanzia i lavori dal 2002, dall’archeologo Antonio De Simone, dell’ Universita’ Suor Orsola Benincasa di Napoli, e dal funzionario della Soprintendenza archeologica della Campania Mario Cesarano. “Sono stati scavati finora 2 mila 500 metri quadrati – dice all’ ANSA il prof. De Simone – e ci aspettiamo di scavare una superficie almeno pari”. Secondo gli archeologi, la Villa romana di Somma Vesuviana risale ai primi decenni del II secolo dopo Cristo, ma al suo interno sono state trovate statue (una donna con peplo , ed un Dioniso) risalenti ad epoca più antica, mentre nella cella vinaria, capace di contenere 50 mila bottiglie di vino, sono stati trovati “dolia” (recipienti per contenere il vino) che risalgono a prima dell’ eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei ed Ercolano nel 79 d.C.. Trasformata piu’ volte ed adattata a diverse funzioni (residenza patrizia, residenza di villeggiatura, fattoria per la produzione del “Vesuvinum”) , la Villa fu sepolta nel 472 d.C. da una nuova e devastante eruzione del Vulcano, forse peggiore di quella del 79 d.C. La cenere – riferiscono fonti storiche – fu portata dal vento fino ad Istanbul, ed uno spesso strato di lava copri’ la Villa, il cui piano di calpestio si trova oggi a 10 metri di profondità.

Alcune colonne di marmo nero provenienti dall’Africa, mostrato un affresco policromo che riproduce divinità marine, un pavimento a mosaico con delfini che saltano tra le onde, le decorazioni a stucco del portale d’ingresso della Villa con tracce del colore originario, testimoniano della ricchezza dei proprietari. “Qui dovevano esserci affreschi delle dimensioni di quelli della Cappella Sistina”, dice il prof. De Simone. L’ ultima scoperta è quella di un enorme cisterna, di 30 metri per 10, che forse serviva all’ irrigazione di colture. La Villa, nelle successive trasformazioni, funzionò anche come azienda agricola. Finora dagli scavi sono emersi solo saloni di rappresentanza ed ambienti domestici, “ma c’ erano piu’ corpi di fabbrica, distribuiti su un’ ampia area – dice Mario Cesarano, della Soprintendenza Archeologica – dobbiamo immaginare spazi destinati alla vendita del vino, e ad altre funzioni produttive”. Proprio le diverse funzioni assunte nel tempo dalla grande Villa Romana suscitano l’interesse degli archeologi giapponesi. “Anche noi viviamo tra le eruzioni vulcaniche – dice il prof. Matsuyama – ma è difficile trovare un sito archeologico cosi’ ben conservato. Attraverso questa Villa romana si puo’ studiare l’ impatto dell’ eruzione e la ricostruzione della societa’ dopo il cataclisma”. Il prossimo ciclo di scavi, che comincerà e potrebbe fornire di nuovi elementi la tesi che la Villa di Somma Vesuviana sia davvero la Villa “apud Nolam” (presso Nola) dove – secondo Tacito – Ottaviano Augusto visse i suoi ultimi giorni. Il suo successore, Tiberio, consacrò una parte della Villa, rendendola un tempio. “Ma quell’ ‘apud Nolam’ -osserva Cesarano – potrebbe anche significare appena fuori dalle mura di cinta di Nola ( non distante da Somma Vesuviana). Siamo in un’ area dove le Ville patrizie erano numerosissime, nel pieno della Campania Felix, con una terra vulcanica ricchissima, dove la gente voleva vivere anche a costo di sfidare la furia del Vesuvio”.

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