“EMSO ERIC è cruciale per ottenere set di dati per il monitoraggio a lungo termine dei mari europei e degli oceani. Questi dati sono fondamentali per affrontare gli effetti dei cambiamenti climatici, ma anche per mitigare i rischi naturali e incrementare la tutela della biodiversità” , con queste parole Robert-Jan Smits, Direttore Generale del Direttorato Generale Ricerca e Innovazione RTD-Commissione Europea, è andato al cuore dell’innovazione rappresentata dal consorzio europeo EMSO ERIC, un’infrastruttura di ricerca nel campo delle scienze marine, costituita da una rete di sistemi automatici di monitoraggio distribuiti nei mari che bagnano l’Europa. EMSO ERIC, che ha sede principale a Roma e il cui launch-event si è tenuto presso la Stampa Estera, nasce sotto l’egida della Commissione Europea, infatti, spiega Robert-Jan Smits “La UE ha contribuito con 3,9 milioni di Euro di fondi alla fase preparatoria di questa nuova infrastruttura europea, e sta fornendo un ulteriore supporto di 8,6 milioni di Euro per la sua fase di implementazione attraverso Horizon 2020, il programma di ricerca e innovazione dell’Unione Europea”.
L’evento di presentazione di EMSO ERIC ha visto anche la partecipazione di Carlo Doglioni, Presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), ente capofila per l’Italia di EMSO ERIC, che ha ricordato come un simile risultato testimoni “in un momento in cui l’ideale dell’Europa Unita sembra essere messo in dubbio, la necessaria e irrinunciabile dimensione europea per qualsiasi collaborazione di successo in campo scientifico”. Il Presidente di INGV ha anche evidenziato l’importanza di una infrastruttura di osservazione marina perché “l’ambiente oceanico vive gli stessi fenomeni che ci colpiscono drammaticamente di volta in volta, come disastrosi terremoti e eruzioni vulcaniche, ed è anche dove si generano gli Tsunami”; riferendosi alla recente cronaca, il Presidente INGV ha anche spiegato come “Gli eventi climatici estremi, come quelli che hanno recentemente colpito l’Italia e che ci aspettiamo che accadano sempre più spesso, sono parte integrante dei cambiamenti climatici globali, nei quali l’oceano ha un ruolo-chiave di regolazione”.
Fulvio Esposito, segretariato tecnico per le politiche di ricerca – Dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca MIUR, ha ricordato come il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca “abbia deciso di adottare il rafforzamento delle infrastrutture di ricerca come uno degli assi principali del Programma Nazionale di Ricerca 2015/2020. In questa cornice EMSO, infrastruttura di ricerca di livello europeo con quartier generale in Italia, presso INGV, e con il suo network di prestigiose istituzioni di ricerca attive sul fronte dell’osservazione degli oceani, può fornire una massa senza precedenti di dati di alta qualità, disponibili liberamente per scienziati, ma non solo per loro. Quindi EMSO ha il potenziale di produrre benefici socio-economici, di interagire con altri centri di ricerca italiani, come i National Technology Cluster, dando quindi più senso al supporto del nostro ministero ad EMSO stesso”. L’evento di lancio di EMSO ERIC ha visto anche l’intervento di Paolo Favali, portavoce EMSO, che ha spiegato alla platea dei giornalisti italiani ed esteri il passato, presente e futuro di EMSO ERIC, e di Richard Lampitt, del National Oceanography Center UK, che ha la carica di Presidente dell’assemblea dei membri di EMSO ERIC.
EMSO ERIC
Il Consorzio di Ricerca Europeo EMSO European Multidisciplinary Seafloor and water-column Observatory European Research Infrastructure Consortium, è stato creato da otto paesi: Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo, Romania, Regno Unito, Spagna, ha sede a Roma e vuole promuovere attivamente la ricerca scientifica europea in ambiente marino, sotto l’egida della Commissione Europea. INGV, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia è ente capofila del Consorzio per l’Italia.
L’infrastruttura gestita dal consorzio europeo è su scala continentale, consiste di sistemi di osservazione a lungo termine e alta risoluzione, con monitoraggio in tempo quasi reale, ed è composta da 11 osservatori sottomarini a grandi profondità che forniscono grandi flussi di dati e 4 siti per test in acque basse, per il monitoraggio di processi ambientali che riguardano la geosfera, la biosfera e l’idrosfera e le loro interazioni. I siti sono posizionati in luoghi chiave dall’Artico all’Atlantico al Mediterraneo fino al Mar Nero, formando così una infrastruttura europea su vasta scala al servizio della comunità scientifica internazionale. Questo sistema consente la raccolta di dati preziosi su rischi naturali, cambiamento climatico e ecosistemi marini.
Gli osservatori oceanici, in continuo sviluppo, sono realizzati per dialogare con molteplici piattaforme di ricerca, consentendo un continuo flusso di dati dall’oceano e l’interattività con gli strumenti sia attraverso connessioni dirette che attraverso trasmissioni satellitari o via internet.
Il contesto scientifico
Gli oceani costituiscono una parte preponderante della superfice del nostro pianeta, il 70%, eppure questa proporzione non si riflette nella ricerca scientifica: sono ancora molti gli aspetti non indagati e non compresi a pieno del delicato rapporto tra gli oceani e il nostro ecosistema. Questi aspetti inesplorati assumono ancora più peso se si pensa alla pressione e ai cambiamenti marini dovuti alle attività umane. Allargando ulteriormente lo scenario lo studio degli oceani ci consente non solo di capire meglio processi fisici, biologici e chimici, ma anche climatici e geologici, il senso di questo è evidente guardando la mappa delle faglie mondiali. Domande basilari per il nostro futuro sulla biodiversità, sull’evoluzione del clima, su come convivere con le calamità naturali, non possono fermarsi ai confini delle terre emerse.
L’osservazione scientifica ha aperto da anni questo fronte, creando a partire dagli anni ‘90 un network globale di osservatori oceanici che focalizzano le proprie attività sul fondo e sul sottosuolo marino, nonché sulla colonna d’acqua, ma siamo ancora lontani da una visione globale di ciò che avviene nei nostri oceani. Il settore è promettente, poiché in prospettiva ci consentirà di capire questioni epocali quali l’influenza degli oceani sul clima, le dinamiche della litosfera marina nonché una visione più precisa della composizione della crosta terrestre, i cambiamenti naturali e quelli indotti dall’uomo sull’ambiente costale, le dinamiche dell’ecosistema e la biodiversità. Con la ricerca marina sarà possibile per i ricercatori raccogliere dati di qualità e mappare nell’arco degli anni in occasione di fenomeni naturali quali eruzioni vulcaniche sottomarine, terremoti, le correnti oceaniche, tsunami, instabilità del fondo marino, l’impatto biologico, chimico e fisico di violenti eventi climatici.
Anni di esperienza nel settore hanno creato un network collegato a numerosi programmi internazionali, una infrastruttura globale a cui collegare nuove esperienze in fase di sviluppo, dove i principali player sono Giappone, Stati Uniti, Canada, Europa, ma altre realtà stanno nascendo, quali la Cina. In generale il monitoraggio continuo e globale degli oceani è una sfida di importanza e difficoltà paragonabile all’esplorazione spaziale: studio accurato e ottimizzazione degli spazi per rendere una singola infrastruttura utile per molteplici obiettivi scientifici, nonché adatta all’uso di una larga ed eterogenea comunità di studiosi, tra cui biologi, oceanografi, geofisici, chimici e ingegneri.