Cento pecore per ricominciare. La Coop ha deciso di donarle all’Azienda Agricola Martinelli di Farindola, produttore storico di pecorino entrato nella linea dei prodotti a marchio Coop ‘‘Fior Fiore’‘. L’azienda danneggiata dai recenti eventi climatici è tra l’altro citata nelle telefonate della Prefettura di Pescara e confusa con il crollo dell’Albergo Rigopiano. “La solidarietà passa anche attraverso la donazione di 100 pecore” si legge in un comunicato della Coop. L’azienda danneggiata dai recenti eventi climatici ha visto crollare sotto il peso della neve due stalle, ha perso così più di 350 capi del proprio allevamento e ha dovuto interrompere la produzione. Tra l’altro è proprio quell’azienda citata nelle telefonate della Prefettura di Pescara che la funzionaria ha erroneamente confuso con l’Albergo Rigopiano. Nato come ‘Presidio Slow Food’ e dunque salvato dall’estinzione, il Pecorino di Farindola ha raggiunto il grande pubblico grazie alla diffusione in Coop nella linea ‘Fior Fiore’ ed è un’autentica eccellenza agroalimentare del nostro Paese.
È un pecorino particolare, perché preparato (caso unico in Italia e forse nel mondo) utilizzando il caglio di maiale, che gli conferisce aroma e sapori particolari. Si produce in quantità limitatissime in una ristretta area del versante orientale del Gran Sasso da pecore ancora allevate allo stato brado, la tradizione vuole che sia lavorato solo da personale femminile. Le origini di questo pecorino risalgono infatti all’epoca dei Romani, quando gli uomini erano impegnati in altre mansioni e le donne si occupavano del gregge e della produzione del formaggio: ancora oggi, ogni forma riporta il nome della donna che lo ha lavorato. Altra particolarità: è stagionato dentro a madie di legno di faggio naturale e girato a mano una volta a settimana, dopo averlo massaggiato con olio extravergine e aceto rosso. L’interruzione della produzione impedirà ora di trovare nei prossimi mesi il Pecorino di Farindola sugli scaffali, ma l’intervento di Coop potrà permettere di riavviare prima la produzione del latte e di accorciare i tempi per poter riprendere l’attività di rifornimento. Un modo per far ripartire un pezzo importante del patrimonio alimentare del territorio abruzzese.