Il Comitato interministeriale della programmazione economica (Cipe) ha attribuito all’Istituto nazionale di Fisica nucleare quattro milioni di euro da impiegare nel Progetto “Aria e la Ricerca della Materia oscura”, con la collaborazione della Princeton University (Usa) e della Regione Sardegna tramite Carbosulcis spa. La sperimentazione, con un’unica macchina calata per 350 metri nella verticale di un pozzo della miniera di carbone di Seruci, a Gonnesa nel Sulcis, dell’estrazione mediante iperfreddo di argon, di isotopi non radioattivi e di altri gas rari, da utilizzare nella Ricerca della materia oscura e sui neutrini nei laboratori del Gran Sasso e nelle nuove tecnologie radiologiche per la scoperta e la cura delle malattie dell’uomo.
Lo ha reso noto il deputato Francesco Sanna (Pd). “Il progetto è stato inserito tra quelli finanziabili dal Fondo integrativo speciale Ricerca di cui e’ responsabile il ministero della Università. In questi giorni al Cern di Ginevra – ha spiegato Sanna – sono in fase di prova alle bassissime temperature i moduli metallici che comporranno la macchina. Una volta concluse le prove e certificate dall’istituto di Ricerca internazionale, un prototipo della macchina verrà assemblato nel cantiere di superficie della miniera sarda e successivamente, nella sua dimensione definitiva, calato nella verticale del pozzo minerario. In questa fase e’ importante che tutti i soggetti interessati al progetto lo considerino prioritario tra quelli nella loro responsabilità e svolgano con il massimo della attenzione e della celerità quanto di loro competenza. Per questo motivo ho chiesto al nuovo ministro della Ricerca, Valeria Fedeli, mediante una interrogazione, quali saranno i tempi di sottoscrizione, da parte dell’Istituto di Fisica nucleare, degli accordi esecutivi del progetto con la Regione. Questi sono difatti necessari per consentire gli investimenti di riadattamento infrastrutturale ed il lavoro dei minatori”.
“Il progetto Aria – ha sottolineato Sanna – riveste una importanza duplice. La prima è rappresentata dalla unicità dell’esperimento a livello mondiale, con la connessione di Seruci e della Sardegna al Laboratorio del Gran Sasso, e con la possibile e ricercata ricaduta industriale del progetto nell’Isola. La seconda e’ l’occasione di dimostrare che una miniera di carbone come quella del Sulcis, può avere una nuova vita dopo la sua fase estrattiva, e che il futuro non è la chiusura, ma la sua trasformazione in campus di Ricerca e di attivita’ industriale sotterranea”.