“La situazione italiana, per come si sta evolvendo il contagio da Hiv nel Paese, francamente ritengo giustifichi l’uso della Prep”, l’intervento farmacologico messo in campo prima dell’esposizione a un eventuale rischio. E’ la visione dell’infettivologo Massimo Galli, università Statale di Milano e ospedale Sacco, vice presidente della Simit (Società italiana malattie infettive e tropicali). E’ come se si stesse “tornando un po’ indietro negli anni per il verificarsi di certe condizioni di rischio. In particolare preoccupa un dato: tra i giovani, i maschi che fanno sesso con maschi (msm) sono la grande maggioranza delle nuove diagnosi di infezione documentate. Ci fa pensare che il fenomeno sia in crescita come nel resto del mondo occidentale. E quelli che compaiono annualmente sono una parte minoritaria dei contagi che effettivamente avvengono”, riflette da Seattle, dove in occasione del Croi 2017, la Conferenza sui retrovirus e le infezioni opportunistiche, si è discusso tanto di Prep, dei risultati nella vita reale, di come migliorare l’accesso ai farmaci e la consapevolezza dei soggetti ad alto rischio. Una realtà già avanzata in Usa, che in Europa vede esperienze in Gb, Francia e Novergia.
“Che la Prep, profilassi pre-esposizione sia uno strumento di prevenzione – spiega Galli all’Adnkronos Salute – è attestato da esperienze che ormai riguardano in tutto più di 8 mila casi osservati in una trentina di studi nel mondo e su situazioni diverse, dalla prevenzione per maschi che fanno sesso con maschi (msm) alle sfide in Africa sul problema delle coppie in cui un partner è infetto e l’altro no o dei sex worker. Risultato: ci sono 17 studi circa in cui non è stato registrato nessun caso di infezione. E’ sicuramente uno strumento efficace di limitazione del rischio, ma ha delle zone d’ombra a cui fare attenzione”. Per la situazione italiana, avverte Galli, “non regolata e senza una disponibilità oggettiva della Prep, la possibilità che ci siano scelte come l’acquisto online di un prodotto generico rischia di ridurre l’approccio a una delle ‘droghe’ del sabato sera, assimilabile a una delle tante sostanze assunte in un contesto non di garanzia. Penso al rischio che diventi tra l’altro un complemento del ‘chem sex’. Tra le persone che richiedono la Prep c’è chi ammette di averlo tra le proprie abitudini”. Per evitarlo però bisogna che la situazione si sblocchi. “Il progetto triennale di intervento sull’Aids licenziato dalle sezioni competenti del Comitato tecnico scientifico nazionale e approvato dal Consiglio superiore di sanità – dice lo specialista – prevede la possibilità di avviare uno studio simile a quello francese, che consentirebbe un approccio alla popolazione direttamente interessata in maniera efficiente. Non è pensabile che gli ospedali siano il punto di contatto. Il contesto privilegiato potrebbero essere le associazioni di volontariato e di attivisti, anche per garantire un programma di prevenzione a tutto tondo. Usare la Prep e non il preservativo toglie una barriera per tutte le altre malattie sessualmente trasmissibili. E anche questo va pesato sulla bilancia”.
Ma cosa spinge ad abbassare le difese? Sul fronte dell’Hiv, osserva l’esperto, “oggi c’è la sensazione di un problema risolto, visto che le terapie hanno portato a una caduta verticale di mortalità e ospedalizzazioni, rispetto agli anni dell”olocausto Hiv’, in cui i decessi per Aids erano migliaia anche in un paese come il nostro. Il 1995 fu l”annus horribilis’. Allora l’impatto emotivo era grande, oggi inevitabilmente c’è un calo di tensione. Ed è facile incontrare la persona che si è infettata di recente, non sa di esserlo ed è al massimo della potenzialità trasmissiva”. L’Hiv, ammonisce Galli, “è un compagno di strada del quale è meglio fare a meno. In tutto questo la Prep un ruolo ce l’ha. Tutto sta nel riuscire a offrirla. I tavoli su cui si sta cercando di arrivare a un progetto sono diversi. E lunedì 20 febbraio la Prep sarà uno dei temi all’ordine del giorno della prossima riunione congiunta del Comitato tecnico scientifico nazionale“.
Si ragiona su una serie di strade possibili. “Si dovrebbe ora arrivare al rinnovo, e in questo contesto probabilmente inserire anche la Prep, della legge 135/90 che ha regolato gli interventi urgenti su Hiv-Aids. Serve un adeguamento ai bisogni attuali e questo è uno di quelli che potrebbero essere contemplati. O, perlomeno, si potrebbe varare un progetto pilota per un sistema di offerta efficiente della Prep a chi ne ha necessità o la richiede“. Fra le questioni aperte “il costo del farmaco che, anche se in tempi ragionevolmente brevi sarà genericato, è ancora ingente“, con il rischio che non si riesca ad arginare comunque una fuga di pazienti verso il web. “, conclude l’infettivologo.