Un albergo dove dormire su un cuscino morbido e mangiare pasti caldi in tutta sicurezza in un albergo in riva al mare? “No grazie, io sto bene fra le montagne di Arquata, questa e’ casa mia”. Sono le parole di Enzo Rendina, 58 anni, rimasto senza casa a causa del terremoto, che ha difeso fino alle estreme conseguenze – l’arresto e la detenzione in carcere – la sua scelta di rimanere a Pescara del Tronto, proprio lì, a pochi metri dalla sua casa distrutta dal terremoto del 24 agosto. Enzo vi è rimasto fino al 30 ottobre, la terribile mattina durante la quale la terra ha tremato così tanto che ha convinto anche lui a spostarsi da lì.
Tuttavia si è spostato solo di pochi chilometri: fino alla tendopoli di Borgo d’Arquata, dopo l’ordine di evacuazione di tutte le abitazioni, ridotte ormai a macerie, emanata dal sindaco Aleandro Petrucci. Anche il commissario per la ricostruzione Vasco Errani, il 29 settembre scorso, aveva cercato di convincerlo ad andarsene: “non rischi la vita, vada via“, di aveva detto. “Io la vita l’ho rischiata quella notte, non certo oggi”, la sua risposta. All’ANSA, che lo aveva intervistato all’epoca, aveva detto: “Credo che fra non molto mi verra’ messa a disposizione una casa. Ma senza fretta, perché prima devo tranquillizzarmi; devo riprendermi da questi 70 giorni che ho vissuto praticamente come un cinghiale, lavandomi con l’acqua ghiacciata della montagna”. Invece Rendina ha continuato a restare fra le macerie, fra i soccorritori, in un primo momento nella tenda della Protezione civile a Borgo d’Arquata.
Il suo voler restare lì, per la Procura di Ascoli, equivaleva a turbare ed anche ostacolare le funzioni operative della Protezione civile, rallentando le operazioni per la costruzione delle soluzioni abitative di emergenza. La neve del 18 gennaio, che ha fatto collassare la tenda, ha costretto i vigili del fuoco a soccorrerlo e portarlo nel loro campo base nella zona industriale di Pescara del Tronto. Si è stabilito da loro, con un materassino e i propri effetti personali “creando difficoltà e interferendo nell’attività dei vigili del fuoco” si legge nel documento di arresto a motivazione dell’accusa di interruzione di pubblico servizio. Ma per il 58enne è meglio una tenda che quattro mura, anche per una patologia che lo affliggerebbe, la “fobia da case in muratura”. Patologia attestata da un certificato medico esibito questa mattina dal suo legale, l’avv. Francesco Ciabattoni, che ha parlato di “un arresto assurdo, di un uomo che ha la sola colpa di essere innamorato della propria terra e che li’ vuole vivere”. Il 30 gennaio Arquata l’ha lasciata a bordo di un’auto dei carabinieri che lo hanno arrestato dopo che aveva anche opposto resistenza. Oggi il giudice gli ha restituito la libertà, ma con il divieto categorico di tornare nella sua terra. Almeno per il momento. Riuscirà a starne lontano? “Speriamo di si’, che mi dia ascolto” ha detto l’avvocato.