Associazione tra sclerosi multipla e insufficienza venosa cronica cerebrospinale: precisazioni e seri dubbi in merito al recente studio canadese

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In merito allo “studio interventistico della University British Columbia (UBC), Canada condotto dal neurologo Antony Traboulesee, i cui dati preliminari sono stati resi noti recentemente al Congresso annuale della Society for Interventional Radiology, a Washington DC,” l’Associazione CCSVI – SM Onlus precisa che esso “suscita moltissimi seri dubbi e la campagna stampa contro la scoperta del Prof. Paolo Zamboni che ne è seguita, disorienta i malati di sclerosi multipla (SM) e insufficienza venosa cronica cerebrospinale (CCSVI) e impedisce loro una corretta informazione.”

“Al recente Congresso annuale della Society for Interventional Radiology, a Washington DC sono stati resi noti i dati preliminari dello studio “Pan-Canadian Interventional Clinical Trial for CCSVI in Multiple Sclerosis“ della University British Columbia, co-finanziato dalla Associazione SM del Canada e dal Canadian Institutes of Health Research (CIHR). Il trial, condotto dal  neurologo Anthony Traboulsee della University of British Columbia, è uno studio interventistico controllato in doppio cieco su un campione di 104 portatori di SM e CCSVI. Riservandoci – prosegue l’Associazione in una nota –  una più approfondita valutazione quando lo studio sarà effettivamente disponibile, basandoci sulle mere anticipazioni rese note dagli studiosi coinvolti, non possiamo esimerci dall’osservare che:

  • ·         Il trial non è ancora concluso. I dati preliminari resi noti riguardano solo la prima parte dello studio, quella a 48 settimane, mentre restano ancora da elaborare i dati relativi alla seconda fase di interventi. Per quale ragione gli studiosi abbiano deciso di rendere noti dati non ancora definitivi non è dato sapere. In quanto Associazione di malati non possiamo non stigmatizzare, ancora una volta, la singolare scelta di presentare pubblicamente, con grande enfasi e clamore mediatico, risultati scientifici tutt’altro che conclusivi e molto prima che lo studio venga pubblicato, privando in questo modo i malati della possibilità di informarsi correttamente. Ci pare davvero, ancora una volta, che la propaganda mediatica prevalga sul rigore e l’etica scientifica.
  • ·         Esaminando la prevalenza di CCSVI nei pazienti SM arruolati nello studio e sottoposti ad indagine diagnostica, si evince che sono risultati CCSVI positivi il 62,3% dei pazienti esaminati via doppler (136 su 218) e il 76,4% dei pazienti esaminati mediante venografia (104 su 136). Lo studio è quindi confermativo della forte associazione tra SM e CCSVI in netta contraddizione con i risultati di studi precedenti dello stesso autore, e con quanto affermato dallo studio Cosmo di AISM, che rilevava una percentuale di correlazione di circa il 3% e nel farlo si autoproclamava conclusivo della ricerca su CCSVI e Sclerosi Multipla (!).
  • ·         Il primo obiettivo dello studio era la misurazione della sicurezza dell’intervento di angioplastica dilatativa (pta), solo secondariamente intendeva misurarne l’efficacia. Notiamo come la stampa che ha parlato dell’argomento non abbia minimamente dato enfasi all’esito dell’obiettivo primario, la sicurezza, mentre si è soffermata unicamente sul secondo. Eppure i ricercatori riportano che non ci sono state differenze significative, in relazione alla sicurezza, tra il gruppo che è stato sottoposto all’intervento e quello che è stato sottoposto all’intervento simulato (sham procedure) il che significa chel’angioplastica dilatativa è confermata un intervento sostanzialmente sicuro e a basso rischio. Ovvero il primo obiettivo dello studio, in base a questi dati preliminari, è confermato.
  • ·         Per quanto concerne la misurazione dell’efficacia dell’intervento, non confermata dallo studio, essa è stata valutata in termini di misure di risonanza magnetica, valutazioni cliniche di sintomi della SM e di auto-valutazioni riportate dal paziente.Nessuna notizia è stata data dai ricercatori circa la misurazione del ripristino della corretta emodinamica dei pazienti, post pta e durante le 48 settimane di osservazione. Eppure, come si può pensare di misurare gli effetti dell’intervento sulla SM senza essersi accertati che la CCSVI sia stata effettivamente risolta? E’ evidente a tutti che il presupposto per il miglioramento delle condizioni cliniche dei pazienti sia la duratura pervietà delle vene trattate. Senza informazioni precise di questo dato, qualsiasi conclusione sulla mancata efficacia degli interventi ci pare totalmente privo di significato scientifico.
  • ·         I pazienti inclusi nello studio, attraverso un arruolamento che è durato oltre due anni, hanno una età media di malattia di oltre 17 anni. Questo dato risulta fortemente penalizzante se si considera che diversi studi dimostrano che la pta è maggiormente efficace se eseguita nelle fasi iniziali della malattia.
  • ·         Il neurologo Traboulsee  è autore di altre ricerche non confermative sulla CCSVI, tra queste ricordiamo lo studio diagnostico del 2013 pubblicato su Lancet che confermava la presenza della CCSVI con una elevata prevalenza, ma senza differenze significative tra pazienti e controlli sani. A questo studio il Prof. Zamboni aveva replicato su ‘Veins & Lymphatics’evidenziando le pesanti carenze metodologiche della ricerca in cui era stato adottato un sistema del tutto anomalo di misurazione delle stenosi che non permetteva effettivamente di discriminare tra soggetti sani e non e trascurava completamente la misurazione degli ostacoli intraluminari.1 Traboulsee è inoltre gravato da pesanti conflitti di interessiavendo ricevuto compensi e sovvenzioni da numerosi case farmaceutiche che producono farmaci per la sclerosi multipla e la sua presunta imparzialità è compromessa da un evidente atteggiamento anti ccsvi emerso con chiarezza anche in occasione della presentazione dei risultati di quest’ultimo studio.”

“Il comunicato stampa della UBC afferma che lo studio ”rappresenta il ridimensionamento definitivo del trattamento di CCSVI per la SM”  definendo inefficace la cura della CCSVI per i malati di sclerosi multipla. Una analisi più approfondita dei dati rivela invece che lo studio è confermativo della forte correlazione CCSVI-SM, e della sicurezza dell’intervento di angioplastica dilatativa. Peccato che troppi dubbi etici e metodologici inerenti la misurazione dell’efficacia siano palesemente criticabili, il che ci induce a credere che questo studio, come altri del passato, saranno smentiti da percorsi scientifici più corretti e aggiornati. I malati – concludono – continueranno a chiedere, con forza, chiarezza e dati veritieri.”

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