Ore e ore passate davanti al pc, o sul tablet che in alcune scuole ha mandato ‘in pensione’ i libri. E quando il lavoro o le lezioni finiscono, lo sguardo si trasferisce sullo schermo dello smartphone che resta acceso giorno e notte, o su quello della televisione compagna di vita anche in camera da letto. Una ‘dipendenza digitale’ h24 che trasforma gli occhi in un deserto: arrossamento, prurito, bruciore, sensazione di ‘sabbia’ o corpo estraneo, ipersensibilità alla luce, vista offuscata, dolore. In inglese si chiama Des, Dry Eye Syndrome, e in tutto il mondo è diventata un’epidemia. Tanto da portare l’Organizzazione mondiale della sanità a lanciare un allarme: “La sindrome dell’occhio secco è tra i disturbi più ignorati e sottovalutati della società moderna”, avvertiva alcuni mesi fa l’agenzia delle Nazioni Unite. Del problema – costo sociale stimato in Italia circa 600 euro l’anno a paziente – si è parlato oggi a Milano durante un incontro promosso da Lucio Buratto, direttore scientifico del Cao, Centro ambrosiano oftalmico, per il lancio di una campagna di prevenzione e cura della sindrome dell’occhio secco. Un’iniziativa del Cios, Centro italiano occhio secco del capoluogo lombardo, la prima struttura completamente dedicata al problema, promossa in collaborazione con la Clinica oculistica dell’università dell’Insubria di Varese e con il patrocinio di Comune di Milano, Asst dei Sette Laghi e Soi, Società oftalmologica italiana.
Oltre al Cios la campagna coinvolge centri ospedalieri di Catania, Napoli, Roma, Milano e Varese, con visite specialistiche gratuite su appuntamento da lunedì 3 aprile a venerdì 7. Per contattare la struttura più vicina, cliccare suwww.centroitalianoocchiosecco.it. Negli Usa, spiegano gli esperti, sono stati riscontrati “sintomi evidenti” di ‘Dry Eye’ quasi in un adulto su 2 (48% a gennaio 2016). Mentre in Italia soffrono di occhio secco il 25% degli over 50, uno su 4, e addirittura il 90% delle donne in menopausa. Dietro il disturbo la mancanza di lacrime: il liquido lacrimale non viene prodotto in quantità sufficienti o evapora troppo. E accanto alle cause congenite o involutive (l’invecchiamento), vi sono anche fattori acquisiti. In altre parole ‘ambientali’: dal fumo allo smog, fino all’abuso tecnologico che sempre più spesso asciuga la vista anche di bambini e adolescenti. Secondo uno studio condotto dal Centro per la salute del bambino di Trieste, in collaborazione con l’Acp, Associazione culturale pediatri – ricordano gli specialisti – in Italia un bimbo su 5 entra in contatto con cellulari e tablet nel primo anno di vita, e fra 3 e 5 anni già ‘smanetta’ con il telefonino di mamma e papà.
Nativi digitali con la tecnologia nel Dna, prima ‘baby sitter’ e poi amica del cuore: da una maxi-indagine del Net Children Go Mobile dell’università Cattolica di Milano, risulta che oltre il 50% dei teenager tiene acceso lo smartphone anche quando dorme; già a 9-10 anni il 26% possiede un computer portatile, l’11% un telefonino e il 4% un tablet. “L’uso prolungato e indifferenziato di smartphone o tablet può causare l’insorgenza della sindrome dell’occhio secco nei bambini”, ammonisce l’American Academy of Pediatrics. E gli oftalmologi spiegano perché: “Normalmente i nostri occhi sbattono le palpebre 15 volte al minuto, mentre quando usiamo a lungo i nuovi strumenti digitali, il pc o guardiamo molto la televisione, l’occhio sbatte la metà delle volte necessarie”. Risultato: “Eccessiva evaporazione e ridotta produzione del liquido lacrimale”. Non solo. Con l”overdose digitale’ l’occhio tende anche a stancarsi per il continuo sforzo accomodativo cui viene sottoposto, dovuto alla distanza ravvicinata alla quale teniamo i device. La soluzione? “Per i più piccoli c’è ed è molto semplice”, assicurano gli esperti: “Limitare l’uso di questi strumenti a un massimo di mezz’ora al giorno, e preferire attività ricreative alternative e più stimolanti, possibilmente all’aperto”. In altre parole, riscoprire i giochi di una volta. Un lavoro pubblicato su ‘Bmc Ophtalmology’ da scienziati sudcoreani indica infatti che, trascorrendo molto tempo all’aria aperta invece che appiccicati agli schermi, gli occhi dei bambini non si seccano. Il 10% dei bimbi di città che utilizzano device assiduamente soffre invece di Dry Eye, contro il 2,8% dei piccoli che vivono in campagna. A ‘togliere le lacrime’, però, non è solo la tecnologia. Possono giocare un ruolo anche fattori ormonali, come nelle donne in menopausa. O ancora l’età avanzata, alcune malattie autoimmuni, certi farmaci (antidepressivi, antistaminici da banco, decongestionanti nasali, sedativi ansiolitici, contraccettivi orali, beta-bloccanti, diuretici), l’abuso di lenti a contatto e l’inquinamento atmosferico, in particolare da ossido di azoto e Pm10. Stando a uno studio comparso su ‘Bmj’ il 42% dei bambini che abitano in città con alti livelli di polveri sottili soffre di fastidi agli occhi, e screening effettuati a New York e Chicago mostrano una quota di Dry Eye 4 volte maggiore che in località dove l’aria è più pulita.
Cosa fare? Dai consigli degli specialisti, ecco un decalogo salva-occhi: 1) Evitare l’esposizione diretta a sistemi di condizionamento, luoghi ventosi, aree molto ventilate. Evitare ambienti troppo secchi e scarsi di umidificazione; 2) Ridurre o eliminare il fumo di sigaretta, concausa in quasi il 30% dei casi di occhio secco; 3) Evitare l’uso di creme irritanti o altri prodotti fastidiosi nella zona perioculare; 4) Sospendere o limitare l’utilizzo di lenti a contatto corneali; 5) Usare occhiali da sole in caso di forti esposizioni a raggi Uva o Uvb o in ambienti ventosi o polverosi. E ancora: 6) Impiegare impacchi tiepidi nell’area perioculare (acqua e malva, bicarbonato o acqua borica); 7) Arricchire l’alimentazione con vitamina B3, B6, B12, Omega 3/Omega; 8) Aumentare l’assunzione di acqua e di liquidi in generale; 9) Ridurre la visione di tv e schermi di smarthphone, tablet e computer, o quantomeno aumentare la frequenza di ammiccamento palpebrale. Per gli esperti “vale la regola del ’20-20-20′ suggerita dalla Società di oftalmologia americana: ogni 20 minuti di uso di pc o tablet fare una pausa di 20 secondi e focalizzare lo sguardo su un punto a 20 piedi di distanza (6 metri circa)”; 10) Rivolgersi allo specialista per conoscere i possibili rimedi: dalle lacrime artificiali alle nuove ‘biologiche’, ad antinfiammatori mirati fino a procedure come la pulizia delle ghiandole di Meibomio (Probing), la luce pulsata, l’occlusione dei puntini lacrimali o la tecnica del Lipiflow.