Terremoto, Coldiretti Lazio: in piazza la rabbia degli allevatori di Amatrice

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In piazza contro la burocrazia, contro i ritardi di un processo di ricostruzione che è fermo al palo, indifferente delle sofferenze e dei disagi degli agricoltori e allevatori di Amatrice e Accumoli messi in ginocchio dal terremoto e ora umiliati dalla lentezza esasperante di chi deve decidere e non decide, di chi deve firmare e non firma. Così centinaia di imprenditori agricoli hanno risposto alla chiamata della Coldiretti, presidiando piazza Montecitorio per denunciare, a duecento giorni dalle prime scosse, l’inefficacia della risposta politica all’emergenza terremoto che ha devastato, dall’agosto scorso, campagne, territori e comunità che hanno sempre vissuto di agricoltura e di allevamento. ”Una situazione assurda -denuncia David Granieri, presidente della Coldiretti del Lazio- che ha un solo colpevole, la burocrazia, che però non può diventare un alibi per nascondere inerzia e incapacità di chi ha il dovere politico e morale di rispondere al grido di dolore dei nostri soci, dei nostri imprenditori agricoli”. “Assurdo dover constatare -sottolinea- che le poche stalle provvisorie finora montate sono state distrutte dal vento o sono crollate sotto il peso della neve. Abbiamo chiesto di montare ad Amatrice e Accumoli le stalle di legno al posto dei tunnel coi tubolari e le tende, ma ci hanno risposto che non era possibile perché dovremmo aspettare mesi per le firme e per le autorizzazioni del Genio Civile, della Regione, dei Comuni”. Sul palco di piazza Montecitorio sono saliti gli allevatori, per gridare al microfono il loro sdegno, ma non la rassegnazione. ”Noi non andiamo via dalle nostre stalle, noi restiamo ad Amatrice, ma vorrei tanto -chiede Luca Guerrini, allevatore- che qualcuno di quelli che stanno seduti in poltrona, nei palazzi, venisse a passare una notte in tenda o dentro le casette mobili, a diciotto gradi sotto zero. Che ne sanno i politici e i burocrati di come si vive tra le nostre montagne, in mezzo alla neve, camminando tra le carcasse delle pecore morte di stenti”. “Non chiediamo aiuto -ribadisce- non chiediamo favoritismi. Vogliamo che le istituzioni ci rimettano nelle condizioni di poter lavorare e guadagnarci da vivere col nostro lavoro, come sempre abbiamo fatto”. Il problema dei ritardi della burocrazia, avverte, “mette a repentaglio la sopravvivenza non solo dell’agricoltura, ma anche del turismo, le principali voci dell’economia del comprensorio amatriciano; sul palco anche i gonfaloni, i sindaci e gi amministratori dei comuni colpiti dal terremoto”.

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