Clima: il riscaldamento può sciogliere il 40% del permafrost terrestre

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Uno dei problemi del nuovo millennio è senz’altro legato al cambiamento climatico. Tra le sue conseguenze vi è la minaccia al permafrost, ossia il terreno ghiacciato tipico delle regioni artiche e delle montagne elevate dove si stima che sia conservata una quantità di carbonio maggiore rispetto a quello già presente in atmosfera. Il permafrost risulta infatti più sensibile al riscaldamento terrestre: lo rivela un team di ricercatori inglesi, svedesi e norvegesi. Gran parte di questo terreno ghiacciato, circa il 40%, potrebbe infatti sciogliersi in conseguenza all’aumento delle temperature, generando ingenti emissioni di gas serra (CO2 e metano).

In uno studio pubblicato sulla rivista Nature Climate Change, i ricercatori stimano che la superficie terrestre ricoperta dal permafrost sia di circa 15 milioni di chilometri quadrati. Un aumento di circa 2 gradi centigradi della temperatura globale rispetto all’era preindustriale, causerebbe la perdita, per scongelamento, di circa 6,6 milioni di chilometri quadrati, pari appunto a più del 40% del permafrost attuale. La situazione tuttavia potrebbe ancora essere recuperata, come sottolineano gli studiosi, sopratutto se si rispettasse il target più ambizioso dell’Accordo di Parigi sul Clima. Nello specifico contenendo l’impennata del termometro a 1,5 gradi, la perdita di permafrost sarebbe di 4,8 milioni di chilometri quadrati. “L’obiettivo di stabilizzazione a 1,5 gradi salverebbe circa 2 milioni di chilometri quadrati di permafrost“, osserva Sarah Chadburn dell’Università di Leeds, autrice principale dello studio. “Raggiungere l’obiettivo più ambizioso dell’accordo di Parigi può limitare la perdita di permafrost, e per la prima volta abbiamo quantificato quanta superficie è possibile salvare”.

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