Un tapis-roulant computerizzato che consente di riprodurre uno schema motorio e ritornare a camminare. E ancora, un’interfaccia cervello-computer per la riabilitazione degli arti grazie a una mano virtuale. Per finire con una palestra di robot indossabili: sale hi-tech dove i pazienti colpiti da patologie neurologiche gravi come l’ictus, potranno seguire programmi personalizzati. La riabilitazione in alcuni centri italiani diventa 4.0, con risultati di recupero inimmaginabili solo fino a qualche anno fa. È così che, dopo decenni di ricerca per creare un ponte di comunicazione tra macchine e cervello, il Brain-computer interface (Bci) consente già la neuro-riabilitazione motoria di persone colpite da ictus. Si tratta di una sorta di ‘cuffia’ dotata di elettrodi da porre sul capo e di un sistema per ‘guidare’ il movimento di una mano virtuale. I risultati di uno studio realizzato presso la Fondazione Santa Lucia di Roma ne hanno dato conferma: il 95% delle persone trattate con interfacce cervello-computer ha infatti mostrato un recupero clinicamente significativo del movimento della mano, mentre solo il 25% di pazienti sottoposti a riabilitazione senza sistemi Bci ha raggiunto risultati analoghi. “Con un apposito sistema di calcolo l’interfaccia Bci acquisisce una serie di dati che corrispondono all’attività elettrica cerebrale del paziente, quando immagina di compiere un movimento corretto con la mano paralizzata – spiega all’Adnkronos Salute Donatella Mattia, direttore del Laboratorio di immagini neurolettiche e Bci e direttore di Sara-t della Fondazione Santa Lucia – Poi il paziente, davanti a un monitor che mostra la riproduzione virtuale della mano paralizzata, può iniziare l’esercizio guidato dal fisioterapista. Se il movimento immaginato viene riconosciuto come corretto dall’interfaccia, quest’ultima permette il movimento della mano. Diversamente, la mano virtuale resta immobile. Il fisioterapista osserva in tempo reale l’attività cerebrale e può quindi constatare se il cervello si sta riorganizzando in modo efficace per il recupero del movimento dell’arto paralizzato dall’ictus“. ReWalk invece è un esoscheletro indossabile, dotato di sensori e motori che azionano il movimento delle anche e delle ginocchia, che consente la deambulazione a seguito di paraplegie e lesioni midollari all’altezza del dorso. “Non si tratta di uno strumento riabilitativo ma sostitutivo – spiega Marco Molinari, direttore Uoc Neuroriabilitazione 1 e Centro spinale e direttore ReWalk Training Center della Fondazione Santa Lucia – Ma permette di trascorre alcune ore della giornata in posizione eretta, con ricadute positive per l’attività cardiaca e la circolazione sanguigna“. Due nuovi esoscheletri in via di sviluppo consentiranno, invece, il recupero della funzione motoria: Symbitron, che permetterà al paziente di diventare parte attiva nel controllo della regolazione del movimento, ed Hank, per il controllo separato delle articolazioni nei pazienti post-ictus. La riabilitazione degli arti inferiori è il fiore all’occhiello anche dell’Istituto scientifico di Montescano (Pavia) della Fondazione Salvatore Maugeri, grazie ad attrezzature robotiche in grado di garantire un allenamento personalizzato fino al recupero totale. Tra tutti c’è Lokomat, un esoscheletro controllato elettronicamente che permette di riprodurre uno schema motorio assimilabile alla normale deambulazione, grazie a un tapis roulant e un sistema computerizzato di sgravio del peso corporeo. “E’ un allenamento post-ictus e post-trauma cranico – spiega Roberto Colombo, responsabile del Servizio di bioingegneria della riabilitazione dell’Istituto scientifico di Pavia, Fondazione Maugeri – Si parte da un peso pari al 20% e si sale in base ai progressi del paziente“. Il training è calibrato sul paziente, con sedute dai 45 ai 60 minuti, con possibile abbinamento a un sistema di realtà virtuale. Invece Braccio di ferro, disponibile all’Istituto scientifico di Veruno, utilizza un sistema a due gradi di libertà, che consente i movimenti in un piano orizzontale per la riabilitazione di spalla e gomito dopo ictus, trauma cranico e lesioni cerebrali acquisite. “Il robot propone compiti motori con interfaccia utente sul computer – aggiunge Colombo – Il paziente deve muovere oggetti e raggiungere target che vede sullo schermo, eseguendo compiti ripetitivi che stimolano la plasticità neurale“. Ma non solo: “Stiamo tentando di applicare i sistemi robotici non solo alla riabilitazione motoria ma anche a quella sensitiva. I pazienti post ictus hanno infatti problemi sensoriali – osserva – e stiamo adattando protocolli di trattamento tali che il paziente venga stimolato a sviluppare, ad esempio, il senso della posizione piuttosto che il senso della forza“. Ma sono molte altre le novità tecnologiche in arrivo per riabilitare il paziente con danni neurologici. Nasce in Italia, a Pisa, la prima palestra mondiale con robot indossabili e realtà virtuale, uno spazio dove i pazienti affetti da patologie neurologiche gravi come l’ictus potranno seguire programmi personalizzati per riabilitare gli arti superiori. Il suo nome è Ronda (Robotica indossabile personalizzata per la riabilitazione motoria dell’arto superiore per i pazienti neurologici), progetto di ricerca coordinato dall’Istituto di BioRobotica della Scuola Sant’Anna di Pisa, in particolare da Silvestro Micera. Nei prossimi mesi due sale gym saranno allestite nell’Unità di neuroriabilitazione dell’ospedale di Cisanello (Pisa) e all’ospedale Versilia, a Viareggio. La palestra sarà equipaggiata con almeno 5 stazioni di riabilitazione: due sistemi robotici indossabili per la mobilizzazione della spalla e del gomito, specializzati rispettivamente per pazienti neurologici con ridotta capacità motoria ed elevata spasticità o con moderate capacità motorie residue; dispositivi robotici per riabilitare la mano e il polso, una nuova interfaccia tra uomo e macchina che consenta al paziente di sfruttare le capacità residua dei muscoli dell’arto superiore per controllare i robot indossabili. Infine un sistema di realtà virtuale per rendere più motivante l’esercizio e stimolare le capacità cognitiva: il paziente viene proiettato, ad esempio, in una cucina o in un salotto virtuale, all’interno del quale deve operare in modo attivo. “E’ la prima palestra in Italia con robot indossabili – spiega il vice coordinatore del progetto Antonio Frisoli, dell’istituto Tecip (Tecnologie della comunicazione, informazione, percezione) della Scuola Sant’Anna – I robot indossabili possono fornire un aiuto selettivo sulle singole articolazioni: braccio, avambraccio, gomito o spalla. Oltre al fatto che nelle nostre sale il paziente avrà la possibilità di scegliere tra una pluralità di proposte riabilitative completando il ciclo della terapia“. Insomma, la riabilitazione 4.0 è già realtà. (AdnKronos)